Rivedere le clausole sociali nei contratti? Tutto è possibile e i padroni lo chiedono da tempo

Clausole sociali nei contratti a salvaguardia dei posti di lavoro? In molti contratti si trovano clausole che nel corso del tempo sono state facilmente aggirabili, ora dal codice dei contratti, ora dalla deroghe ai contratti nazionali, ogni cambio di appalto diventa un terno al lotto e nella parte dell'agnello sacrificale si ritrovano solo le lavoratrici e i lavoratori.

Da tempo settori padronali, ma perfino del  mondo Sindacale, giudicano le clausole sociali troppo invadenti, i primi vorrebbero eliminare lacci e lacciuoli per espellere la forza lavoro dal ciclo produttivo, i secondi si accontenterebbero dei soliti tavoli concertativi a suggellare il loro ruolo collaborativo.

Obiettivi diversi ma fino a che punto?

Le speranze che questo Governo mettesse mano al codice per garantire maggiori tutele nei cambi di appalto si sono dimostrate vane, se si parla di autonomia dell'appaltatore presto o tardi si finisce con l'accordare troppo potere discrezionale anche in materia di occupazione e conratti.

E infatti il committente, secondo le nuove norme, dovrà chiedere all'appaltatore di fornire prove documentarie a dimostrare il regolare pagamento della forza lavoro impiegata. Penserete che sia un buon segno e in parte lo è, tuttavia la forza lavoro dovrebbe essere tutelata concretamente al momento del passaggio, anzi ancora prima ossia nell'atto di redigere dei bandi. E su questo aspetto il Governo non è intervenuto proprio in virtu' del principio (santificato) dell'autonomia di impresa dettata per altro dalle regole Ue.

Tutto viene risolto nel rapporto tra committente ed appaltatore, se quest'ultimo non paga regolarmente la forza lavoro interverrà il committente non corrispondendo i pagamenti dovuti e previsti dall'appalto. Al contrario, se il committente entrasse in gioco revocando l'appalto e salvaguardando direttamente la forza lavoro esternalizzata , si raggiungerebbero due obiettivi, da una parte la tutela reale della forza lavoro, dall'altra la revoca dell'appalto e la iscrizione in una sorta di black list che impedirebbe la partecipazione della ditta insolvente ad altre gare. Questa sarebbe una reale tutela della forza lavoro ma al contrario il Governo cerca solo di districarsi alla meglio nell'ossequioso rispetto delle normative europee e del dogma dell'autonomia di impresa.

Se poi leggiamo con attenzione il decreto legge 124\2019 si capisce che l'obbligo del commitente di chiedere all'appaltatore copia dell'avvenuto pagamento della forza lavoro scatta solo nelle gare con importi superiori a 200 mila euro, quindi tutti gli appalti piu' piccoli, ma assai diffusi, sarebbero esclusi da questa tutela (per un approfondimento sintetico ma efficace si rinvia a https://www.lavoripubblici.it/news/2019/12/FINANZA-E-FISCO/23019/Decreto-Fiscale-dall-1-gennaio-2020-ritenute-e-compensazioni-negli-appalti).

Ancora una volta prevalgono le ragioni di impresa e di autonomia della stessa rispetto ai diritti dei lavoratori, si inseriscono alcune tutele che tuttavia non determinano l'entrata in campo direttamente del committente ma solo una sorta di rivalsa monetaria verso la ditta inadempiente. Non è abbastanza, non sono solo questi interventi a rappresentare una tutela reale che si avrebbe entrando nel merito di come sono gestite le gare, ponendo alcuni steccati ai ribassi e alla contrazione dei costi e facendo perdere i requisiti necessari a partecipare alle gare per le ditte inadempienti. Ma allo stesso tempo i committenti , specie quelli pubblici, dovrebbero avere gli strumenti giuridici per gestire direttamente i servizi in appalto, questo intervento legislativo, insieme a regole atte a scongiurare i ribassi, sarebbero segnali tangibili di cambiamenti nell'interesse dei lavoratori.

Le vere e autentiche clausole sociali sono quelle che tutelano i contratti in essere a prescindere dall'autonomia di impresa. E' questa la sfida da raccogliere e rilanciare

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