Ecco perchè il ricorso alla guerra è funzionale all'economia Usa e al presidente Trump

La presenza di truppe Usa e Nato nel mondo è in aumento, ci sono oltre 7 mila soldati italiani ancora dislocati in  varie missioni nelle zone nevralgiche del Globo.
Solo tra il 2017 e la fine del 2019  i militari Usa all'estero sono passati da quasi 82 a oltre 84 mila unità, ce ne sono 4 mila in piu' nell'area del Golfo, 1000 in piu' in Iraq, 3 mila in piu' in Afganistan, mille in piu' in Africa in funzione anticinese.
 E nel caso delle basi militari Usa e Nato nel mondo, da alcuni anni è partito un potenziamento delle stesse riorganizzandole in funzione degli interessi Usa e del trasporto veloce di truppe e mezzi nelle aree di guerra. E a questo triste destino non sfuggono anche le basi presenti sul territorio italiano.

Nello stesso periodo che va dal 2017 all'inizio del 2020, mentre si imponeva alle nazioni europee di accrescere le spese militari per raggiungere presto il 2% del loro Pil, gli Usa aumentavano il budget di spesa militare passando da 605,8 miliardi di dollari ai 750 previsti per l'anno appena iniziato.

Sempre negli ultimi 2\3 anni gli Usa hanno accresciuto il loro deficit, commerciale e non, da qui la necessità di imporre dazi alla Cina salvo poi trovare un accordo commerciale ad inizio 2020. Cresce cosi' il disavanzo Usa rispetto ad alcune economie, Cina e Germania in primis. E questo deficit da una parte danneggia le imprese Usa e la loro competività, il debito pubblico Usa  è cresciuto fino a superare 23 miliardi di dollari, un autentico primato nella storia americana. E per contrastare il potere di alcune nazioni che detengono quote del debito pubblico Usa, arrivano i dazi e le politiche aggressive contro le merci provenienti da queste nazioni, una partita giocata in funzione nazionalista per salvaguardare i confini nazionali.

Le continue tensioni con la Cina, ad esempio, sono dovute al possesso  del paese asiatico  di oltre 1100 miliardi di debito americano.

Il ricorso alla guerra degli Usa è una sorta di neokeynesismo per mantenere la supremazia mondiale , le relazioni internazionali poi sono tutte finalizzate ad attirare nella sua orbita paesi un tempo lontani per punire invece quelle nazioni che ostacolano , per ragioni svariate, lo strapotere Usa. E' il caso dell'accordo con la Corea del Nord (che detiene la bomba atomica) per sottrarla alla influenza cinese e l'attacco ad un paese come l'Iran che invece aderisce al trattato di non proliferazione nucleare, Iran vista come nemico per la sua influenza nell'area mediorientale (dalla lotta all'Isis fino al sostegno di Hezbollah in funzione anti israeliana).

Ma anche le vicende interne agli Usa, il rischio di impeachment del presidente Trump giocano un ruolo determinante, basta ricordare quanto riportato in queste ore dal quotidiano La Stampa 

( https://www.lastampa.it/esteri/2020/01/27/news/impeachment-bolton-in-un-libro-trump-vincolo-aiuti-a-kiev-ad-aperture-inchieste-sui-biden-1.38388253)

I democratici in Congresso chiedono che l'ex consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton testimoni nel processo per impeachment nei confronti del presidente Donald Trump. Questo dopo che il New York Times ha svelato come Bolton nella bozza del suo libro ha scritto che Trump gli disse di voler congelare gli aiuti all'Ucraina fino a che non avesse avviato delle indagini sui Biden. L'accusa nel processo, guidata da Adam Schiff, ha definito la rivelazione "esplosiva" e ha chiesto di convocare Bolton. Serve il voto di almeno 4 senatori repubblicani. 
Secondo quanto scritto nel libro, quindi, il presidente Donald Trump avrebbe detto al suo ex consigliere per la sicurezza nazionale che avrebbe tenuto bloccati i 391 milioni di dollari di aiuti militari Usa all'Ucraina finchè Kiev non avesse acconsentito a collaborare ad inchieste sui democratici e in particolare sullo sfidante Joe Biden in corsa per la Casa Bianca.

Di questo e di altro dovrebbero occuparsi i movimenti contro la guerra, per capire la posta in gioco e non limitarsi a generici appelli di pace senza mai cogliere la stretta connessione tra le politiche di aggressioni militari e le scelte economiche e commerciali

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