La cattiva coscienza e l'edicola antimafia di Borgo Stretto

L'edicola antimafia di Borgo è scomparsa all'alba di un giorno di inizio anno, ma perchè nessuno se ne è interessato nei lunghi mesi in cui è stata chiusa? E la politica cittadina puo' attivarsi, con interventi anche nazionali, su una questione del genere?

E gli amministratori cittadini erano al corrente della rimozione o si è trattata di una iniziativa "autonoma" di qualche zelante dirigente?

Se l'edicola rimossa era un simbolo della lotta alla Mafia dovremmo prima capire la ragione per la quale questo simbolo sia rimasto a lungo inattivo,  la chiusura  sta a dimostrare piuttosto che qualche errore è stato commesso molto tempo fa.

La polemica non scalda i nostri cuori, quasi nessuno ha focalizzato l'attenzione sull'allarme lanciato dalla Fondazione Caponnetto pochi giorni fa quando hanno scritto che "la Toscana rischia di di esser divorata dalla mafia in silenzio”.

La mafia esiste allora sul nostro territorio e si basa su intreccio affaristico che vede attivi e insieme criminalità organizzata estera e nazionale. Le varie mafie, cinese, nigeriana e quella italiana sono da tempo in affari e la nostra regione è un importante crocevia.
 Si va dalla zoomafia denunciata in un rapporto  della LAV, al traffico dei rifiuti, ai traffici di droga nei porti, alle acquisizioni commerciali, alla rete di lavoro nero particolarmente florida nei comuni fiorentini e pratesi, senza dimenticare il caporalato che ormai attraversa interi settori dell'economia.

Di questo vorremmo sentire parlare i politici, delle gare di appalto bandite sotto una certa soglia e senza richiedere il certificato antimafia, dello sfruttamento intensivo e primordiale della forza lavoro nel settore terziario sui quali la mafia ha da tempo investito.

Mentre si focalizza ogni attenzione verso le dichiarazioni inopportune di qualche politico, la nostra Regione è vittima di appetiti criminali che sui servizi e sugli appalti, sull'acquisto di immobili, sul lavoro nero ha costruito lucrosi affari.

Di questo vorremmo parlare ricordando che lo stereotipo con cui sovente viene descritta la mafia non è attinente alla realtà contemporanea.

Che poi prevalgano istinti bottegai e una spasmodica attenzione al decoro e alla apparenza (ma agli smemorati sarà sfuggito, a pochi metri dalla vecchia edicola,  un fondo chiuso da anni con le serrande arrugginite dopo che un vecchio esercizio commerciale chiuse i battenti) non ci meraviglia, quell'idea di decoro, tanto amata anche nel centro sinistra, vuole delle città salotto, se la prende con la movida ma allo stesso tempo per anni ha cacciato dal centro storico attività commerciali e abitanti al posto dei quali sono arrivate le politiche di gentrificazione modello Airbnb o le ristrutturazioni degli immobili che hanno innalzato il valore immobiliare, alzato i costi e gli affitti spingendo la popolazione verso i quartieri periferici o nei comuni limitrofi. 

Quella stessa popolazione, un tempo pisana, che presto si vedrà respinta la domanda di iscrizione ai nidi dei loro figli per il mancato requisito della anzianità anagrafica.

La mafia è una montagna di merda disse qualcuno, ma la montagna riguarda anche i silenzi sugli affari illeciti denunciati dalla Fondazione Caponnetto, sul lavoro nero, sulle speculazioni immobiliari e sugli appetiti attorno agli appalti pubblici. Di questo vorremmo sentir parlare i politici.


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