La forza educativa dell’associazionismo: rigenerare cultura, democrazia e tempo libero nella società contemporanea

 

La forza educativa dell’associazionismo: rigenerare cultura, democrazia e tempo libero nella società contemporanea.

di Laura Tussi




In un’Italia attraversata da trasformazioni sociali accelerate – tra nuove povertà culturali, crisi della partecipazione politica tradizionale e crescente bisogno di comunità – l’associazionismo torna al centro del dibattito pubblico. Mentre si discute di come ricostruire legami sociali e spazi di confronto nella stagione post-pandemica, e mentre la digitalizzazione rischia di frammentare ulteriormente la vita collettiva, i luoghi dell’impegno diffuso e volontario assumono un ruolo decisivo: rigenerano cultura, promuovono cittadinanza attiva e offrono nuove forme di educazione permanente. Il tema è oggi più che mai attuale, nell’orizzonte delle sfide democratiche e interculturali che attraversano il Paese.
Solo da pochi anni, in Italia, istituzioni e mass-media hanno iniziato a osservare con maggiore consapevolezza un fenomeno in costante crescita: la diffusione di forme variegate di associazionismo privato in ambiti molto diversi tra loro. Parallelamente alla crisi di rappresentanza delle grandi ideologie che, per decenni, avevano animato i partiti politici, sono nati nuovi poli di aggregazione, comunità fondate su interessi e valori condivisi, che gravitano attorno al volontariato, alla tutela dei beni culturali e ambientali, alla difesa dei diritti umani, alla pace, alle pratiche interculturali.

Si tratta di mondi differenti, ma accomunati da una volontà concreta di pluriappartenenza che supera antiche logiche classiste. Nonostante le tensioni che attraversano la nostra società, l’idea di una comunità educante appare oggi tutt’altro che infondata. Non descrive ancora una realtà pienamente compiuta, ma rappresenta una direzione, una forza trainante verso una democrazia capace di promuovere processi di autoeducazione delle persone e dei gruppi.

Questa idea può ispirare non solo l’educazione scolastica, ma anche quella intenzionale o informale che si svolge nel vasto mondo extrascolastico: centri sociali e culturali, biblioteche, musei, ludoteche, associazioni sportive, cineforum, teatri, festival, parchi pubblici, turismo responsabile. In questo vasto arcipelago, quale può essere la pedagogia della comunità educativa?

La risposta non può che essere la partecipazione: un engagement diretto che spinge le persone a misurarsi con i problemi reali del proprio territorio. L’educazione permanente ha sviluppato strumenti preziosi, come l’animazione socioculturale e lo sviluppo comunitario, che rendono i cittadini protagonisti.

Nelle società industriali avanzate, l’individuo non si identifica più con un ruolo sociale statico, ma vive una pluralità di ruoli che arricchiscono la sua identità e lo rendono consapevole della complessità del proprio quotidiano. L’educazione intellettuale, in senso rigoroso, diviene educazione alla problematicità e alla ragione: la capacità di affrontare con lucidità i problemi dell’esperienza e di riconoscere le variabili che li compongono. È un antidoto al rischio di impoverimento culturale, a patto che non diventi un esercizio unilaterale o astratto.

La crescita dell’associazionismo è un indicatore importante dello sviluppo democratico: testimonia il dinamismo di una società aperta al cambiamento, in cui gli individui entrano in relazione, scambiano idee, costruiscono valori. Se l’associazionismo è una fonte di rigenerazione sociale, deve praticare con rigore le sue dimensioni qualificanti. La sua forza sta nella capacità di essere “segno di contraddizione”: scomodo ed esigente rispetto alle logiche amministrative e ai meccanismi di potere. Per questo è essenziale che vi sia coerenza tra i valori proclamati e quelli praticati, tra ispirazione ideale e assetto organizzativo.

La formazione è un tratto distintivo di ogni esperienza associativa: è lo strumento che permette di veicolare ispirazioni etiche e contenuti ideali, suscitando motivazione al volontariato e alla partecipazione. Il rapporto tra tempo libero e formazione culturale è qui centrale. Il tempo libero non è semplice evasione, ma uno spazio in cui il soggetto può rielaborare la propria esperienza e aprirsi al “nuovo”, modificando i propri habitus e ridefinendo la propria identità.

La cultura, in questo senso, è un quadro di fini e di valori che mette l’essere umano al centro, proteggendolo dal rischio di essere strumentalizzato dagli stessi strumenti che utilizza. Non è dominio di intellettuali isolati, ma esperienza condivisa, radicata nella vita quotidiana.

Il tempo libero, spesso considerato un territorio neutro, è invece attraversato da dinamiche complesse: il benessere socioeconomico ne ha aumentato la quantità, ma l’industria dei media ha colonizzato buona parte degli spazi interpersonali, favorendo modelli consumistici e alienanti. Contro questo processo emergono gruppi e soggetti che tentano di riappropriarsi del proprio tempo, rendendolo davvero liberato e orientandolo alla formazione, alla costruzione di una biografia personale e collettiva.

Il tempo libero è il momento in cui l’individuo torna a sé stesso, alla famiglia, ai gruppi scelti liberamente: un tempo che ricrea, che genera, che costruisce. Nell’antico significato dell’otium latino – acquisizione di valori spirituali – esso è insieme riposo e attività distensiva, pur nella sua tensione creativa.

L’impegno associazionistico, collocato in questo spazio, consente al soggetto di recuperare la propria individualità e di esercitare un’autonomia riflessiva. Ma è anche un momento collettivo, orientato da obiettivi condivisi, in cui il gruppo struttura criteri di cooperazione fondati sulla conoscenza reciproca e sul piacere del fare insieme.

Una gestione formativa del tempo libero permette di evitare che la socializzazione diventi massificata, superficiale e aggressiva, e restituisce invece senso alla creatività individuale e comunitaria.

L’associazionismo rappresenta dunque un’occasione unica per ricostruire quella continuità culturale che nelle società industrializzate si è gradualmente dissolta. Il fare insieme, il costruire insieme, permette di imparare a cooperare, riconoscendo che senza l’altro non vi è progetto né realizzazione. Ma il gruppo deve sempre considerare le persone più importanti delle attività: un principio etico e, insieme, un criterio di efficacia.

Solo così l’esperienza associativa può diventare davvero un motore di trasformazione, culturale e democratica, per l’intera società.

Commenti

Post più popolari