Se un contratto è misero contratto non è
Un contratto nazionale a nostro avviso dovrebbe avere due pilastri sui quali sorreggersi: la salvaguardia del potere di acquisto e di contrattazione, la conquista di norme migliorative da unire al rifiuto delle deroghe e delle disuguaglianze stipendiali all'interno del comparto.
Il CCNL funzioni locali, da poco siglato, risponde a questi requisiti? Ovviamente no, prova ne sia che il potere di acquisto perduto nel triennio 2021\24 è notevole, gli aumenti salariali sottoscritti arrivano a malapena al sei per cento con l' inflazione poco sotto il 18 %, gli annunciati interventi perequativi per adeguare lo stipendi negli enti locali a quelli dei ministeriali si sono persi per strada insieme alle risorse economiche necessarie a questa operazione di equità (poi si chiedono la ragione per la quale preferisce non lavorare nei Comuni optando per altri comparti della Pubblica amministrazione). Il contratto prevede incrementi retributivi medi mensili lordi di € 136,76 per tredici mensilità, pari al 5,78% sul monte salari 2021, a cui sommare la miseria dello 0,22% per il trattamento accessorio pari a 4 euro mensili. Quanto avremo al netto? Poco più di 80 euro. Poi dai futuri aumenti dovremo detrarre le somme anticipate con la indennità di vacanza contrattuale, alla fine saranno pochi i soldi in busta paga.
Ma anche sotto il profilo delle normative questo contratto è assai carente, anzi del tutto inadeguato alle reali necessità.
Infatti, viene decantata come una conquista l'attuazione del Patrocinio Legale per aggressioni subite dal personale, sembra una sorta di lusso il permesso per le terapie salvavita fino alla possibilità di accrescere, non si dice quanto, i giorni di lavoro in modalità agile previa contrattazione integrativa. Concedono qualcosa ai permessi individuali ma ogni qual volta si rivendicano diritti collettivi il testo presenta torsioni involutive.
Si rafforza lo strumento della informazione per "il corretto esercizio delle relazioni sindacali" a mero discapito dell'aumento delle materie da contrattare. E la informazione sul piano di fabbisogno di personale è un'arma spuntata se poi le amministrazioni locali non terranno conto minimamente delle osservazioni di parte sindacale. Un contratto che si rispetti dovrebbe eliminare le materie oggetto di mera informazione e prevedere invece il ritorno alla contrattazione, il confronto non dovrebbe concludersi dopo 30 giorni con le amministrazioni libere di prendere le decisioni desiderate, qualche concessione la parte datoriale dovrebbe lasciarla sui tavoli.
Invece di ampliare le prerogative contrattuali della Rsu (una rappresentanza ormai relegata a un ruolo ragionieristico e divisivo senza effettivo potere contrattuale se non quello di decidere gli importi di alcuni istituti contrattuali destinati alla forza lavoro) si potenzia l'inutile Organismo paritetico per la innovazione
La contrattazione si sviluppa quindi su materie che condannano la Rsu a un ruolo formale e ragionieristico, ad esempio accrescere l'importo di alcuni istituti contrattuali quando l'ammontare del Fondo resta del tutto insufficiente. Nessuna mobilitazione c'è stata per porre fine ai tetti di spesa in materia di personale, questo è il problema insormontabile
Nessun freno alle continue e indebite intromissioni della Magistratura contabile sulla contrattazione, prova ne sia quel famigerato tetto alle progressioni di carriera per il solo 50% degli aventi diritto (progr. economiche nelle aree). A farne le spese saranno soprattutto i più giovani, quelli sui quali la retorica governativa vorrebbe basare il futuro della Pubblica amministrazione. Nessun ripensamento sulla performance, servita solo a ridurre il potere di acquisto dei salari accrescendo il potere dirigenziale
Aumentano i soldi per le Elevate Qualifiche (EQ) attraverso la retribuzione di posizione che passa da 18 a 22 mila euro.
Le tante pagine dedicate alle EQ sono lo specchio di un contratto nazionale che pensa ai ruoli apicali ma ben poco alla stragrande maggioranza del personale del comparto
Invece di ridurre l'orario settimanale da 36 a 35 ore viene prevista la possibilità di suddividere, in via sperimentale e per gentil concessione datoriale, l'orario in 4 giorni. E troppi vincoli vengono introdotti a proposito della turnazione senza accrescere le varie maggiorazioni previste dal contratto
E intanto il buono pasto resta fermo alla miseria dei 7 euro pur a distanza di anni da questa inusitata imposizione Governativa.
Infine, invece di ridurre l'età pensionabile si inventano l'age management per favorire la permanenza in servizio dei lavoratori prossimi alla pensione. Ma in sostanza sono solo chiacchere senza un reale miglioramento delle condizioni lavorative e senza la possibilità di accedere a mansioni meno gravose.
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