“Le guerre arricchiscono i potenti, i morti li forniscono i popoli”. Rheinmetall Entwaffnen Berlin: contro guerra, militarizzazione e capitalismo della morte

 

“Le guerre arricchiscono i potenti, i morti li forniscono i popoli”. Rheinmetall Entwaffnen Berlin: contro guerra, militarizzazione e capitalismo della morte 

di Laura Tussi


Il primo dicembre 2025, il collettivo Rheinmetall Entwaffnen torna a riunirsi a Berlino-Kreuzberg, in un momento storico segnato da una nuova, inquietante accelerazione della militarizzazione. In un’Europa attraversata da conflitti, dalla corsa al riarmo e da un crescente intreccio tra industria bellica e governo, l’appuntamento di New York Bethanien, in Mariannenplatz, non è soltanto un’assemblea locale: è un presidio di resistenza civile.

Da anni seguo, studio e racconto i movimenti per la pace e contro l’industria degli armamenti. E ciò che accade oggi in Germania – paese che sta vivendo il più grande riarmo dalla fine della Seconda guerra mondiale – assume un valore emblematico per tutta l’Europa. Rheinmetall Entwaffnen, attivo dal 2018, rappresenta una delle esperienze più vive e radicali di opposizione popolare alla logica dei profitti di guerra: una rete nazionale che costruisce incontri, campagne, azioni dirette e veri e propri campi antimilitaristi.

Leggere il presente: la cooperazione civile-militare e il “Grünbuch ZMZ 4.0”

Il tema centrale dell’incontro berlinese di dicembre sarà la nuova cooperazione civile-militare delineata nel cosiddetto Grünbuch ZMZ 4.0, un documento che la Difesa tedesca presenta come modernizzazione, ma che nei fatti istituzionalizza la presenza militare in ambiti sociali, infrastrutturali e civili. Un “libro verde” che ridisegna il rapporto tra esercito e società, proponendo una progressiva permeabilità fra funzioni militari e gestione delle crisi interne.
Un compagno del collettivo offrirà un’introduzione critica al testo, invitando i partecipanti a leggerlo per intero. Perché comprendere la struttura del militarismo contemporaneo è il primo passo per disinnescarlo.

Ma l’assemblea è pensata come luogo aperto: chiunque può portare materiali, riflessioni, documenti. Perché la cultura della pace è sempre frutto di ricerca collettiva.

Dalla sala al corteo: contro il ritorno della leva militare

Solo pochi giorni dopo l’incontro, attivisti e attiviste scenderanno in piazza nella manifestazione contro la reintroduzione della leva obbligatoria, un dibattito che in Germania sta riemergendo in modo preoccupante. Quello che il movimento vede con chiarezza è che il ritorno del servizio militare non risponde a esigenze sociali, ma alle carenze strutturali di un esercito chiamato a sostenere l’espansione geopolitica dell’Unione Europea e della NATO.

Costruire un’altra Germania: antimilitarista, solidale, ecologista

Il plenum berlinese discuterà anche del futuro del Bündnis gegen Waffenproduktion (l’Alleanza contro la produzione di armi), delle iniziative nazionali e del progetto del Camp 2026, uno dei momenti più importanti di formazione e mobilitazione del movimento antimilitarista tedesco.
La domanda che attraversa l’assemblea è semplice ma decisiva: come proseguire nei prossimi mesi, mentre la Germania stanzia miliardi per armamenti, consolida il ruolo dell’industria bellica – da Rheinmetall ad Airbus Defence – e rafforza il legame tra produzione d’armi, confini e politiche di sicurezza?

La risposta del collettivo è netta: contrastare il riarmo e l’economia di guerra con pratiche dal basso, connettendo lotte sociali, ecologiste, pacifiste, antimperialiste. Perché, come recita uno degli slogan del gruppo: “Le guerre arricchiscono i potenti, i morti li forniscono i popoli.”

Un messaggio che vale in Germania come in Palestina, in Ucraina, in ogni territorio dove la violenza strutturale del capitalismo globale si manifesta nella sua forma più brutale.

Un invito aperto: partecipare, conoscere, agire

L’incontro del primo dicembre è aperto a tutti: attivisti, curiosi, persone che vogliono informarsi o semplicemente capire cosa sta accadendo in Germania e in Europa. L’organizzazione garantisce traduzioni per chi non parla tedesco, nella convinzione che la lotta contro il militarismo sia sempre internazionale e inclusiva.

Le attività di Rheinmetall Entwaffnen non sono riservate a specialisti: chiunque può portare un contributo, piccolo o grande. Perché la resistenza al riarmo non nasce nei palazzi, ma nei territori, negli spazi sociali, nelle relazioni fra persone.

E perché, come ricordano spesso gli attivisti del movimento, la pace non è solo un’idea: è una pratica collettiva. Una pratica che oggi, a Berlino come a livello globale, è più urgente che mai.

La protesta dei militanti della Sardegna contro il braccio italiano di questa orrida multinazionale

A Berlino saranno presenti lunedì anche alcuni attivista della Sardegna che da tempo militano contro RWM Italia, filiale della multinazionale tedesca Rheinmetall, che si è insediata nell’ex regione mineraria del Sulcis-Iglesiente nel 2010. Già nota dal 2014 per la fornitura di bombe all’Arabia Saudita, poi utilizzate contro i civili huthi in Yemen, con conseguenti denunce a livello internazionale. Solo nel 2021 il governo Conte revocò le licenze di esportazione verso l’Arabia Saudita, applicando per la prima volta la legge 185 del 1990, che vieta il commercio e il transito di armamenti verso paesi in guerra o che violino i diritti umani.

Ignorando leggi urbanistiche e ambientali, a partire dal 2018 fino al 2021 RWM procede a ingenti lavori di ampliamento senza sottoporre le nuove costruzioni a valutazione di impatto ambientale (VIA). La società civile si mobilita immediatamente: denunce e ricorsi al TAR e al Consiglio di Stato portano alla vittoria dei comitati ambientalisti e disarmisti.

Nonostante ciò, la multinazionale non si ferma e chiede alla Regione Sardegna una sanatoria per gli abusi edilizi e ambientali, tra cui l’interramento di un torrente in una zona a rischio idrogeologico. La Regione, sotto pressione dalla protesta popolare, decide di prendere tempo per esaminare la documentazione presentata dai tecnici della società civile sarda. RWM ricorre al TAR, ma la sentenza non è ancora stata resa nota. 


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