Leggi di Bilancio in perfetta continuità tra presente e passato

 


Il Governo non si distingue dagli Esecutivi precedenti e  sottoscrive intese contrattuali a perdere  individuando nel sistema delle deroghe la via di uscita per aggirare il CCNL restituendo ai datori maggiore potere contrattuale, lo fa sapendo che certe scelte indeboliranno ruolo e funzione del contratto nazionale a favore di intese aziendali che poi sono gli accordi di produttività oggetto di sistemi fiscali agevolati.

Sta proprio qui la principale contraddizione di numerosi sindacati che ritengono invece rafforzato il ruolo del contratto nazionale quando invece avviene l’esatto contrario. Quanto alle politiche fiscali le misure proposte sono insufficienti ad esempio la riduzione dell’aliquota IRPEF al 33% non comporta alcun aumento di reddito per le fasce medio basse fino a 28.000 ammesso poi che il ruolo dello Stato si possa ridurre a sostituirsi alle imprese nelle misure di sostegno al reddito.

E sulle politiche previdenziali le misure a favore delle pensioni basse sono del tutto trascurabili, non esiste, come sul fisco, una idea e un progetto di riforma strutturale, si cerca solo di scaricare sullo Stato alcune spese eccezion fatta per favorire l’uscita anticipata dal mondo del lavoro come dimostra il mancato finanziamento per Quota 103 e Opzione Donna nonostante si siano dimostrate svantaggiose per la forza lavoro che con queste scelte andava a perdere con forte contrazione del futuro assegno previdenziale. Ma anche sul versante previdenziale la critica di alcuni sindacati, vicini e lontani dal Governo, è quella che poco si fa per favorire la previdenza complementare come se l’obiettivo non fosse la tutela del welfare state ma dei fondi pensioni.

Si continua or dunque a puntare sulla razionalizzazione della spesa corrente che poi è una versione edulcorata della famigerata spending review, a detta di alcuni sindacati il Governo non pensa al potenziamento dei sistemi di welfare locali che a nostro avviso restano parziali e di difficile realizzazione se pensiamo alle risorse mancanti nei Bilanci degli enti locali e derivanti dal mancato finanziamento statale.

Per un Governo andato al potere promettendo fuoco e fiamme contro le regole di Bruxelles risvegliarsi con posizioni in palese continuità con gli Esecutivi del passato dovrebbe essere il primo motivo di riflessione. Regioni e Comuni, gravati dai vincoli di bilancio e dalla impossibilità di accrescere le spese, si troveranno davanti allo spettro di ridurre i servizi socioassistenziali territoriali, a farne le spese saranno le famiglie a basso reddito, persone con disabilità, anziani non autosufficienti, le classi​ sociali meno abbienti. Nessuna volontà redistributiva    delle ricchezze, nessun indirizzo dell’attività economica anche a fini sociali, addio a una riforma organica del welfare,

 la Legge di Bilancio del Governo Meloni accontenta solo le imprese e una nuova fase concertativa che magari dovremo definire in altri termini parlando, magari, di luna di miele con i sindacati che hanno a cuore il sistema delle deroghe, la contrazione del potere di acquisto ma sono disposti a barricate per salvaguardare previdenza e sanità integrativa. 

E non una parola viene spesa invece sulla urgenza di un piano casa che restituisca alle famiglie bisognose una locazione dignitosa, non si tassano le seconde e terze case deliberatamente tenute sfitte, non ci sono percorsi credibili per assumere migliaia di precari nella ricerca, nel mondo della istruzione e ella sanità.

 Da qui scaturisce la convocazione dello sciopero generale contro la Legge di Bilancio ,una risposta più che giusta iniziando con il 28 Novembre insieme al sindacalismo di base per proseguire a dicembre con la Cgil.

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