Lo stolto elogio delle disuguaglianze

 L'accentuarsi della disuguaglianza economica è tra le caratteristiche del capitalismo dei nostri giorni, cresce la ricchezza di quella esigua minoranza di super ricchi uscita rafforzata dalla crisi del 2008 e dagli anni pandemici.


E se un tempo il sistema fiscale progressivo, i fenomeni distributivi attraverso il potenziamento del welfare, erano considerati elementi salvifici per il capitalismo stesso e di equilibrio sociale, oggi invece, invocare fenomeni distributivi, equità sociale e lotta alla disuguaglianza economica è sempre più difficile e soprattutto impopolare. Dietro a concetti ridicoli e battute di dubbia efficacia si cela pur sempre una verità, dare dei poveri comunisti agli oppositori equivale a ridicolizzare quella idea di giustizia ed equità sociale che sta, o dovrebbe stare, proprio dietro l'essere comunisti.
 
Anche la cosiddetta meritocrazia sta palesando limiti e contraddizioni, alla lieta novella della premialità sociale per chi abbia talento e faccia dei sacrifici crede una percentuale sempre più esigua della popolazione. La disuguaglianza economica salvaguarda il potere di pochi a discapito di importanti, e numerose, fasce della popolazione, questa disuguaglianza è frutto della crisi economica, della erosione del potere di acquisto, delle ricchezze che da 30 anni vanno alla rendita e non al welfare e ai salari, siamo in presenza di scarsa mobilità sociale, di differenze marcate tra aree geografiche e le disparità ormai sono sempre più diffuse. Ma anche la ricchezza derivante dalla nascita sta diventando una sorta di intangibile privilegio se pensiamo alle ridicole tasse sulla successione vigenti in Italia.
 
Ma rispetto al passato c'è una novità assoluta; la disuguaglianza non genera rabbia e opposizione, si discute da tempo sulla soglia accettabile delle disuguaglianze pensando che ormai si tratti di un fenomeno endemico con cui convivere e davanti al quale in fondo rassegnarsi.
Sarebbe importante capire quali siano le disuguaglianze tollerabili, dopo anni di propaganda liberista la stessa disparità economica è considerata non un problema ma una sorta di valore aggiunto. Vari sondaggi attestano che gli oppositori delle disuguaglianze sono calate nel tempo, non provoca indignazione l'ascensore sociale fermo, la sanità pubblica non funzionante, la istruzione destinataria di risorse insufficienti. E non provocano rabbia e rivolte le migliaia di precari della ricerca che stanno per essere cacciati dall'università.
 
Se non indigna la disuguaglianza economica e sociale, lascia indifferenti la marginalizzazione di tanti giovani e meno giovani che hanno investito anni di studio e di ricerca negli atenei e nei centri di ricerca, dimenticati dalla stabilizzazione occupazionale e dall'adeguamento di assegni di ricerca e borse di studio a livelli indicibili
 
La nostra società si sta uniformando a quella degli Usa ove  solo sei adulti su dieci affermano che nel paese vi è troppa disuguaglianza economica nonostante l'aumento esponenziale dei senza tetto e dei disoccupati.. Sarebbe fin troppo semplice attribuire alle posizioni conservatrici la difesa di ufficio delle disuguaglianze quando settori progressisti e di centro sinistra assumono posizioni assai simili.

Allora la domanda corre spontanea: cosa fare perchè la disuguaglianza torni ad essere oggetto di riprovazione sociale ma anche causa di proteste politiche e sindacali? La condizione di vita negli appalti ma anche nella ricerca è arrivata ad impensabili livelli di precarietà, eppure sembra non interessare gran parte del mondo del lavoro e della pubblica opinione. Sarà il caso di aprire una discussione ?
 
La disuguaglianza economica  ormai non indigna, non preoccupa e per questo potrà essere sottovalutata e nascosta, finisce con l'essere emarginata dalla discussione, non rappresenta un problema sociale ma solo una questione da minimizzare spazzando via le  stesse cause che la generano.
 
Le disparità legate a reddito, genere, età, disabilità, aree geografiche potrebbero essere discusse e documentate ma questo sforzo alla fine verrebbe neutralizzato dal muro di gomma contro il quale si infrangono anche le critiche più ragionate e documentate. Nel migliore dei casi potremo imbatterci nelle posizioni di critica temperata alle disuguaglianze ma è proprio la idea che in fondo le disuguaglianze non siano evitabili a determinare un'idea di società sbagliata, ferma, classista, strapiena di soprusi, una società nella quale la stessa lotta di classe deve essere villaneggiata per impedirne la dirompente ascesa. 
 
 

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