Concorso, selezione, scorrimento delle graduatorie e stabilizzazione precari pubblici. Dove sta il problema?



Piu' i giorni passano, meno si capisce di cosa sarà della tanto strombazzata stabilizzazione dei precari. I numeri sono del resto inferiori, alle piu' nere previsioni, il punto di partenza, i fatidici 50 mila precari, erano frutto di un ridicolo calcolo a tavolino senza mai andare a verificare i numeri reali del precariato, ente per ente, con relativa tipologia contrattuale.

Ora si dice che la stabilizzazione del personale precario può anche giustificare una deroga al principio del pubblico concorso, una frase sibillina perché il potere non significa dare assoluta priorità alla stabilizzazione e già intravediamo l'ennesima guerra tra poveri, tra precari e lavoratori\trici in attesa dello scorrimento delle graduatorie.
E già sono partiti alcuni ricorsi, per esempio da parte di alcuni ausiliari specializzati esclusi da una selezione interna ad azienda ospedaliera perché privi della anzianità di servizio, ausiliari contro i precari e fautori dello scorrimento di graduatorie già approvate per concorsi già espletati.


Ci sembrano scenari analoghi a quelli della scuola tra diplomati e laureati ma ormai dobbiamo abituarci ad una lotta tra poveri con il Governo che non viene mai spinto ad assumere decisioni chiare, tanto è vero che la stessa normativa Madia sulla stabilizzazione è stata scritta in maniera confusa

In mezzo alla guerra si animano poi i facili moralisti, quelli che parlano del concorso e dello scorrimento delle graduatorie concorsuali negando la presenza di lavoratori e lavoratrici da anni in corsia (nel caso degli ospedali), vincitori di selezioni ma senza un contratto a tempo indeterminato.

Nel passato abbiamo avuto delibere regionali per individuare le modalità e i criteri per la procedura di stabilizzazione del personale precario (legge finanziaria 2007), il vero problema è tuttavia un altro ossia che alla occorrenza si ricorre alla mobilità tra enti per non scorrere le graduatorie al fine solo di ridurre la spesa complessiva della Pubblica amministrazione, in altri casi invece si rinvia alle scelte discrezionali delle leggi dello stato che scelgono di non scorrere le graduatorie procedendo invece con la stabilizzazione di poche unità di precari. La sostanza resta invariata: tutti hanno diritto al posto di lavoro perché tutti hanno dimostrato, o con il concorso, o con anni di precariato e dopo avere superato selezione, di avere i requisiti per lavorare, resta il fatto che i posti assegnati sono pochi e regolati da disposizioni che hanno come unico parametro la contrazione dei costi del personale e della spesa pubblica in generale.

Sta qui allora la contraddizione principale, non si discute della ratio o della logicità di una decisione o dell'altra, il moralismo dilagante del ministero e del governo si è spinto a livelli inimmaginabili e vuole far sentire in colpa chiunque rivendichi diritti agitando lo spettro di un ricorso e soprattutto criminalizzando la rivendicazione di un diritto inalienabile come il lavoro.

Il punto di arrivo dovrebbe quindi essere ben altro, sospendere ogni mobilità tra enti e aprire le assunzioni fuori da ogni vincolo e tetto di spesa ma solo rispondendo ai reali bisogni degli enti pubblici, ospedali e scuole in primis.

Non siamo quindi in presenza di un sovvertimento dei principi fondamentali che regolano il lavoro nella pubblica amministrazione, siamo davanti a una Pa che ormai ha mortificato il lavoro stesso impoverendo i servizi e venendo soprattutto meno alle sue funzioni, ovviamente in nome dei patti di austerità e dei contenimenti di spesa, il tutto con la complicità di sindacati disposti a sottoscrivere qualunque genere di accordo

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