Il servizio civico rientra nella spesa di personale dei Comuni:per gli ultimi solo ricatti e sussidi ma non lavoro
La Corte dei Conti ha deciso, tutto ormai deve concorrere a determinare il tetto della spesa di personale, perfino le assunzioni fiduciarie ( da molti definite clientelari ) negli staff dei Sindaci. Certo che la Finanza non vuole promuovere sotto varie forme l'impegno civico , per questo ha sentenziato che anche le attività occasionali e con precise finalità solidaristiche e assistenziali rientrano a pieno titolo nella spesa di Personale. Ci chiediamo allora come sarà possibile, in futuro, che gli enti locali facciano ricorso a queste figure . Parliamo di borse di lavoro a favore di disoccupati di lungo corso, di provvedimenti degli enti locali destinati a creare una sorta di ammortizzatore o di contenimento della crisi . Non un lavoro vero e proprio ma un servizio
civico , un po' come quello dei pensionati all'uscita delle scuole o degli accompagnatori dei bambini sugli scuolabus comunali, o dei facilitatori (ce ne sono veramente pochi) agli sportelli .
Francamente dietro al pronunciamento della Corte si celano alcune insidie, per esempio il tentativo di cancellare ogni forma di lavoro da sostituire a un intricato e controverso sistema di sovvenzioni, contributi e sussidi.
Il legislatore quindi prevede il ricorso degli enti locali alla prestazione occasionale, solo per poco tempo e casi veramente eccezionali, magari in caso di calamità naturali, per la realizzazione di eventi legati al volontariato o per progetti destinati a ex tossici, ex detenuti o disabili . Ma non si capisce la ragione per la quale, proprio in nome del sostegno sociale e solidaristico, non si possa ipotizzare una nuova stagione di lavori socialmente utili . Far rientrare queste prestazioni nella spesa di personale significa di fatto impedirne lo svolgimento e affossare sul nascere una serie di iniziative che potrebbero unire salario a prestazioni socialmente utili. Ma soprattutto la Corte si prefigge un altro obiettivo, ossia scoraggiare gli enti locali dall'intento di investire parte delle risorse per prestazioni lavorative destinate a soggetti esclusi dal mercato del lavoro. Che vivano quindi di sussidi e siano costantemente ricattabili, per loro uno stralcio di lavoro non deve esserci
Francamente dietro al pronunciamento della Corte si celano alcune insidie, per esempio il tentativo di cancellare ogni forma di lavoro da sostituire a un intricato e controverso sistema di sovvenzioni, contributi e sussidi.
Il legislatore quindi prevede il ricorso degli enti locali alla prestazione occasionale, solo per poco tempo e casi veramente eccezionali, magari in caso di calamità naturali, per la realizzazione di eventi legati al volontariato o per progetti destinati a ex tossici, ex detenuti o disabili . Ma non si capisce la ragione per la quale, proprio in nome del sostegno sociale e solidaristico, non si possa ipotizzare una nuova stagione di lavori socialmente utili . Far rientrare queste prestazioni nella spesa di personale significa di fatto impedirne lo svolgimento e affossare sul nascere una serie di iniziative che potrebbero unire salario a prestazioni socialmente utili. Ma soprattutto la Corte si prefigge un altro obiettivo, ossia scoraggiare gli enti locali dall'intento di investire parte delle risorse per prestazioni lavorative destinate a soggetti esclusi dal mercato del lavoro. Che vivano quindi di sussidi e siano costantemente ricattabili, per loro uno stralcio di lavoro non deve esserci
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