Appello per salvare e valorizzare il Castello di Asciano

riceviamo e pubblichiamo

Appello per salvare e valorizzare il Castello di Asciano

Nel 1991, dopo lunghe ricerche sul territorio del Comune di San Giuliano Terme, scoprivo i resti del castello di Asciano. Si tratta di una delle principali fortificazioni della Repubblica Pisana, coinvolta in fatti di guerra importanti tra Lucca e Pisa. Celebre è la lirica di Giosuè Carducci “Faida di comune” nella quale si narra del rifiuto da parte dei lucchesi di restituire il castello al momento della stipula del trattato di pace con i pisani. 

L’insolenza dei lucchesi, che esaltano lo scherno degli specchi murati sulle torri del castello per farvi rispecchiare le donne pisane, viene vista come l’origine della decisione dei pisani di attaccare Lucca. Un attacco al quale farà seguito poi l’assalto in forze, la presa e il sacco della città.

Il castello di Asciano venne costruito nel XIII secolo, alla base del Monte Pisano, ai piedi della valle delle Fonti, circondato dalle acque della palude, come si evince dalla descrizione di un assalto portato con macchine e torri lignee per le quali si dovettero costruire delle piste di stipa e di legname nell’acqua. La funzione di questo castello era quella di bloccare l’accesso all’unica via carrabile che portava dal Monte a Pisa attraversando tutta la palude. Una via che, così leggiamo negli Statuti pisani, si provvedeva a mantenere con continui lavori di consolidamento e piantumazione di alberi destinati a contenere la massicciata. 

La via per Lucca scendeva nella valle d’Asciano dal passo del Castagno, passava in prossimità della pieve e infine scendeva verso la palude. Il castello, a pianta rettangolare, munito di torri di cortina, misurava nel fronte che guarda Pisa circa centodieci metri di lunghezza. All’estremità sud est sorgeva il maschio, una possente torre di circa nove metri di lato.
Dopo l’ampliamento dell’area castellana, avvenuto nel 1285, gli abitanti della valle furono costretti a trasferirsi all’interno delle sue cortine. Tra il 1286 e il 1288 cadde in mano ai lucchesi.
Uguccione della Faggiola riconquistò il castello nel 1313; e le mura castellane, costruite in laterizio, vennero rase al suolo al tempo della signoria di Uguccione su Pisa e su Lucca perché il castello non venisse occupato per interrompere i contatti tra le due città; fu risparmiato il maschio che rimase intatto fino alla costruzione dell’acquedotto mediceo.

La mia scoperta e l’immediata pubblicazione di un testo: “Il Castello di Asciano ritrovato”, edito a cura del Gruppo Culturale “Ippolito Rosellini”, determinarono l’apposizione del vincolo archeologico sulle strutture e su tutta l’area castellana da parte dell’allora ispettore della Soprintendenza Archeologica Dott. Stefano Bruni.

Al momento del ritrovamento si vedeva ancora parte dello stipite della porta a Pisa, sulla destra della via dei Condotti, affiorante dalla facciata di una casa. Recentemente questo stipite è stato eliminato dai proprietari di detta abitazione.

La metà del recinto, dalla porta  fino alla torre angolare sud occidentale affiorava dal terreno per una quarantina di centimetri. Il fronte occidentale, affiorante per cinquanta centimetri, era visibile fino quasi alla via provinciale del lungo monte.

Il fronte occidentale è oggi interessato dai lavori di costruzione: sul passaggio delle mura è stata scavata una fossa e già effettuata una colata di cemento.
L’altra metà del fronte meridionale del castello, dalla porta al maschio, risulta ancora coperta con un prato all’inglese e si osserva, ancora conservato, l’imponente basamento del maschio, affiorante dal terreno per almeno mt 1,50.

 Ancora conservate e affioranti dal terreno erano parti della cortina occidentale ma nella nostra odierna ricognizione non siamo riusciti a verificare se ancora sussistano.
Oggi l’impianto di un cantiere edile nell’area castellana prossima all’incrocio con la via provinciale del Lungomonte potrebbe causare la distruzione di reperti archeologici importanti e determinare la distruzione delle strutture superstiti.

Piange il cuore al pensiero che mai si sia pensato da parte della comunità locale o della locale Amministrazione Comunale di intraprendere un’azione di valorizzazione del sito archeologico, ma questo, come ben sappiamo, è cosa normale in Italia, fatte salve le dovute eccezioni di tante comunità che difendono e valorizzano il Patrimonio come è, nella nostra area il caso emblematico dei Comuni di Vicopisano, Palaia e Montecatini Val di Cecina.

Facciamo appello a tutte le forze civili e alle Autorità competenti affinché si tuteli un pubblico bene che può costituire una risorsa per il territorio e che, comunque, rappresenta la viva testimonianza storica di un nostre illustre passato.

Prof. Giovanni Ranieri Fascetti

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