Sulla pelle dei curdi l'esito dell'operazione "Fonte di pace" perno della politica neo ottomana di Erdogan
La mobilitazione nel
paese a fianco del Popolo Kurdo è ancora debole perché il mondo del
lavoro non si sta mobilitando contro la guerra.
E' questa l'amara
constatazione a 20 anni dalla guerra nei Balcani quando il
sindacalismo di base seppe mobilitarsi e costruire iniziative attive
di solidarietà, scioperi, forme di boicottaggio e una costante opera
di denuncia e controinformazione.
Il sindacato
potrebbe fare molto per il popolo Kurdo: negli ipermercati
mobilitarsi per il boicottaggio delle merci turche, negli aeroporti
manifestare contro i voli della compagnia di bandiera turca,
manifestare davanti alle sedi delle aziende, di armi in primis, in
affari con Erdogan.
Al contrario nulla
viene fatto se non partecipare a presidi e manifestazioni ma senza
mai scegliere forme di solidarietà attiva e dirompente.
Non siamo stati
teneri con chi solidarizzando con i curdi ha dimenticato la Siria,
come se gli attacchi della Turchia e dell'Isis non fossero
finalizzati anche al controllo dei corridoi e del greggio in
territorio siriano.
Ma allo stesso tempo
non possiamo che denunciare il ruolo della Russia di Putin nella
veste di peacekeeping al confine tra Turchia e Russia. L'obiettivo di
Erdogan è quello di sostituire i curdi con i profughi siriani
attualmente "ospitati" nei campi profughi in Turchia,
cacciare via i curdi dalle loro terre creando al contempo una zona
cuscinetto operazione che non è finalizzata a proteggere la Turchia
da attacchi militari che non ha mai ricevuto dai Kurdi ma ad
interrompere la continuità territoriale fra il Kurdistan turco e il
Rojava (quello siriano) impedendo qualsiasi speranza, peraltro
illusoria, di ricongiungimento del popolo Kurdo sotto l'insegna del
Confederalismo democratico.
Attualmente sono in
corso pattugliamenti congiunti a Kobane, la città simbolo della
resistenza curda all'Isis, tra Consiglio militare curdo e polizia
russa, in attesa che arrivino altri 276 soldati
russi nel Rojava con il compito, condiviso con l’esercito
governativo siriano,di "favorire" il ritiro dei
combattenti curdi delle unità di auto-protezione (Ypg e Ypj)
verso sud, a 32 km di distanza dalla frontiera,
entro il 29 ottobre. Ritiro frutto dell’accordo
turco-russo siglato lo scorso 22 ottobre a Sochi, in Russia.
Questo accordo
presenta come risvolto concreto un elemento fondamentale, ossia la
rinuncia dei curdi a dare vita ad ogni tipo di autonomia, di fatto si
sceglie di assecondare, seppur contenendole, le mire neo ottomane di
Erdogan sacrificando sull'altare della politica reale le
istanze del popolo Kurdo, come del resto è accaduto nel 1923, con il
Trattato di Losanna che stravolgeva il precedente Trattato di Sevres
del 1920 che invece prevedeva la nascita di uno stato Kurdo nel
sud-est della Turchia. Ciò come ricompensa verso Mustafà Kemal
(Ataturk) il quale garantiva alle potenze occidentali, Francia e
Impero britannico, la nascita della Turchia moderna (1923), uno stato
laico e alleato dell'Occidente.
Putin
a seguito di questa vicenda acquisisce una maggior considerazione
come mediatore e fa crescere l'influenza geopolitica russa in Medio
Oriente, avendo dimostrato di aver essere stato capace di risolvere
il conflitto, tardivamente e sulla pelle dei curdi, e di aver
contenuto le miere espansionistiche neo ottomane del novello Sultano
Erdogan. Infatti, le le 7 ore di mediazione di Sochi se da una parte
assecondano le richieste di un'area cuscinetto in territorio siriano
dall'altro ne contengono le dimensioni. Il ritiro dei combattenti
curdi, infatti, non avverrà lungo tuttoa la fascia di confine lunga
440 chilometri di estensione e 32 di profondità, come preteso da
Erdogan ma sarà invece limitata ai 120 chilometri che intercorrono
fra tra Tal Abyad e Ras al-Ain.
Un
accordo che se è stato digerito da Assad che seppur perdendo una
fascia di territorio nazionale che passa a tempo indeterminato sotto
il controllo dell'ex alleato Erdogan, dall'altra estende nuovamente
il proprio controllo sulla Siria del Nord dalla quale si era ritirata
all'inizio della guerra civile nel 2012 e dove i popoli che la
abitano avevano dato vita all'esperienza innovativa, multietnica,
pluri-confessionale ed eco-femmista del Confederalismo democratico
Non sappiamo se le
milizie Ypg saranno realmente conglobate nell'esercito siriano ma
riconoscere l'autonomia di questi territori non significa decretarne
l'autodeterminazione .
E la presenza
dell'esercito russo non esclude la possibilità di un ulteriore
accordo che permetta ad Erdogan di liberarsi dei profughi siriani
colonizzando così i territori Kurdi.
La realizzazione
della zona cuscinetto e il controllo del governo di Assad, avvenuto
tramite accordo coi curdi nei giorni seguenti l'aggressione, rischia
seriamente di trasformarsi nella tomba delle istanze curde e se da
una parte salva la Siria da un eventuale conflitto militare con
Erdogan dall'altra decide a tavolino la sorte di un intero popolo al
quale verrebbe, ancora una volta, negato il diritto alla
autodeterminazione. Piove ancora una volta sul bagnato per il
martoriato popolo curdo...
articolo curato da Andrea Vento e Federico Giusti
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