Progressioni di carriera? Per pochi e per dividere la forza lavoro

Singolare ma l'obiettivo dei Governi succedutisi è sempre lo stesso, ossia tagliare il salario accessorio e consentire le progressioni orizzontali ad un numero sempre piu' esiguo di dipendenti.

Le progressioni hanno un carattere stabile nella dinamica salariale, pochi euro ma ricorrenti fino al momento della pensione e validi anche ai fini pensionistici
Il problema è anche un altro ossia che i soldi per incrementare il fondo della produttività vengono lesinati a tal punto che tra volontà politica e meccanismi iniqui la parte ricorrente e fissa del fondo subisce continui decrementi e quella variabile, a discrezione dell'Ente, è legata a meccanismi che la rendono sempre piu' difficile da ottenere.

Una recente nota della Funzione Pubblica stabilisce che le progressioni debbano riguardare meno della metà del personale, avvenire su base selettiva ed escludere piu' della metà dei potenziali beneficiari, anzi si invitano sempre gli Enti a inasprire le prove concorsuali per accedere alla sospirata progressione

La cosiddetta «selettività» nelle progressioni  è non solo risultato della Legge Brunetta (articolo 23, comma 2) ma il principio lo ritroviamo confermato nelle riforme successive della Pubblica amministrazione anche se era già presente all'interno della legge quadro del pubblico ossia il Dlgs 165/2001.

Questo principio della selettività altro non è che un principio divisorio, si mette in competizione colleghi\e quando sarebbe preferibile, con i soldi del fondo,  una quattordicesima per tutto il personale.

La selettività è ratificata e rafforzata dal contratto nazionale sottoscritto da cgil cisl uil che parla, all'art 16, di riconoscere la progressione  «ad una quota limitata di dipendenti». Rivendicare allora scatti automatici di carriera diventa il solo modo per assicurare salario e non elemosina

Chi sono allora i responsabili della divisione del personale?

Ciascuno di noi tragga le debite conseguenze

Commenti