Pensioni: pesi, misure e contraddizioni. Sono i giovani a rimetterci ora e in futuro.

Molti baby pensionati, con assegni ragguardevoli, nella storia italiana si sono palesati come grandi moralizzatori e riformatori in materia previdenziale. Bisogna uscire dal giornalismo scandalistico dai toni moraleggianti per riportare gli argomenti sul binario giusto, l'attenzione non si distolga dai motivi per i quali il Governo Italiano torna alla Fornero che per altro non ha mai abbandonato, non soffermiamoci allora sulla storia individuale dei politici. Certo un po' di sana e lineare coerenza non guasterebbe, parliamo dell'articolo pubblicato oggi da Il Fatto Quotidiano sulla pensione di Mario Draghi pari a 8 mila e 614 euro e liquidata con quota 99. Se Draghi lascia di stucco i sindacati abbandonando la sala riunioni ove discutevano di pensioni, appare chiaro come il decisionismo del Governo dei Migliori sia risultato non solo del sostegno della Bce ma anche della incapacità dei partiti di trovare soluzioni alternative. Il Governo tecnico mette tutti d'accordo, destra e sinistra, le larghe intese sono frutto delle spinte dei poteri forti che dettano le linee guida degli Esecutivi e all'occorrenza (da qui dovremmo aprire una lunga riflessione sul ruolo del Capo dello Stato) determinando la fine di una maggioranza prr sostuirla con un fronte dalle larghe e trasversali intese. Da sempre preferiamo la cruda realtà dei governi tecnici, espressione dei poteri forti del capitalismo, alla retorica populista di qualche politico che persegue magari gli stessi obiettivi di governanance ma lo fa nascondendosi dietro alla solita retorica elettoralista o deviando l'attenzione verso altri problemi (il leit motive dell'immigrazione ad esempio) La Fornero arriva dopo anni di controriforme in materia previdenziale, iniziarono 30 anni, anno 1992, quando l'assegno previdenziale era calcolato sugli ultimi 5 anni retributivi, poi nel 1995 arrivo' il calcolo sulla intera vita lavorativa stabilendo un discrimine tra chi aveva 18 anni di contributi e chi no. I primi, con 18 anni di contributi al 1995 sarebbero andati in pensione con il calcolo retributivo, per gli altri invece sarebbe scattato il sistema misto (retributivo per gli anni fino al 1995, poi contributivo) Le controriforme degli anni novanta sono determinanti per abbattere il costo delle pensioni determinando con gli anni assegni sempre piu' bassi. Non ci interessa verificare i requisiti pensionistici individuali di Draghi o della Fornero, urge invece capire che una riforma previdenziale riguarda direttamente il mondo del lavoro, quanti oggi sono al lavoro e domani, per sopraggiunti limiti di età, usciranno dalla produzione. In 30 anni le pensioni calcolate sui contributi si sono fatte leggere, le categorie che beneficiano dei lavori usuranti sono poche e con numeri ristretti, poi se pensiamo all'importo delle future pensioni puo anche determinarsi la volontà di restare al lavoro perchè la pensione è poco piu' della metà dell'ultimo stipendio. Ma soprattutto bisogna distruggere quel luogo comune secondo il quale riducendo la spesa pensionistica i giovani ne trarrebbero vantaggi, pensiamo ad un cinquantenne di oggi con una vita lavorativa precaria e pochi contributi, andrà in pensione alle soglie dei 70 anni e con un assegno pari al 60 per cento dell'ultimo stipendio, se pensiamo ad una busta paga di 1600 euro si arriva a poco piu' di 900 euro, una autentica miseria che presto costringerà lo Stato ad intervenire con misure di sostegno. Gli interventi sulle pensioni servono a rientrare nei parametri di Maastricht, non alle giovani generazioni che con gli attuali sistemi di calcolo sono destinatari di assegni da fame. Per quanto ne dicano al Governo sono proprio i giovani a pagare il salasso, oggi con l'innalzamento dell'età pensionabile che chiude le porte al ricambio generazionale, domani invece con pensioni da fame calcolate come saranno sui contributi effetivamente versati. Chi dunque potrà ancora parlare di riforma previdenziale a favore dei giovani?

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