Usciamo dalla nuvola

riceviamo e pubblichiamo da Tiziano Tussi

 

Sono sulla nuvola, dentro la nuvola. Facile dire: “Sono tutti fascisti”, “Sciogliamo le associazioni fasciste e razziste”, “Noi siamo democratici loro no!”, “Squadristi!””. Del resto, tutti lo dicono anche i leader di destra, anche la coppia di fatto Meloni-Salvini. Perciò in buona compagnia.

Ma forse è meglio andare sulla nuvola, per cercare di spiegare cosa sta accadendo attorno al tema del green pass. La nuvola raccoglie i dati, il cloud, ce li conserva e così possiamo passarceli e condividerli. Altra questione è poi l’usarli. Ma questo viene dopo. Intanto condividiamo e mandiamo in giro ciò che ci sembra sia importante e/o critichiamo, spaventiamo, minacciamo, solidarizziamo, sempre nella rete. Insomma, facciamo quello che ci pare. Tanto poi il tutto va sulla nuvola, non è mica reale. Non si tratta di un comportamento che si sostanzia nella realtà delle cose reali. Mentre scriviamo, diciamo parole di ogni tipo battendole sulla tastiera, come sto facendo io, o registrandole, posso essere in pigiama, vestito di tutto punto, nudo, mentre sto sbadigliando, scorreggiando ecc. ecc.

Chi poi va in piazza a fare quello che la mia tastiera-nuvola mi ha messo davanti? Qui si materializza il corpo umano. Ed è secondo di cosa in quella nuvolo si è messo che si ripercuote la fisicità del comportamento umano. Insomma, un bell’intrico di rapporti tra l’assolutamente non reale e la conseguente realtà delle cose.

Pare che l’irreale determini la realtà. Più si va in un certo senso, per la querelle covid-19 e mezzi di contrasto, in questo caso, più poi la fisicità viene a mostrarsi conseguente. Un mondo di pressapochismo sta aumentando sempre più. L’ignoranza diffusa nelle scuole e nei luoghi di cultura, il rattrappimento dell’intelligenza collettiva, costa impegno e tempo, fatica praticarla, lascia libertà a comportamenti nebulosi, di impatto immediato. Basterebbe osservare lo scadimento dei programmi televisivi, sempre più indirizzati all’imbecillità, della musica di massa, della presenza dei cosiddetti influencer, nuovo lavoro. Ed ancora, la svalutazione dell’impegno culturale profondo, la scomparsa della storia, la terminologia sempre più contemporanea, che taglia i ponti con i verbi al passato. Ora è solo il futuro che conta, tempo che non esiste ancora e mai esisterà, dato appunto che è futuro. Bene altro si potrebbe dire, ma penso sia chiaro: la nuvola ha vinto quasi totalmente. Ed in piazza, perciò, vi vanno coloro che nuvole sono e si sentono. Non discorsi analitici, niente pensiero critico, solo parole secche e a volte uniche. Una su tutte: libertà. Ma da cosa, con chi, verso chi? Naturalmente non viene detto. Il termine basta a definire una massa informe di persone.

Mi chiedevo, vedendo manifestazioni varie e violente dove fossero stati tutte quelle persone, uomini e donne di ogni età, in altre occasioni. Naturalmente non votano, e naturalmente sono ignoranti e scettici su ogni cosa. “Il potere democratico sembra illusorio. Cambiano i governi, si alternano i partii, ma nulla muta realmente. Resta lo «Stato profondo», quel potere istituzionale che si mantiene intatto e si perpetua grazie a caste, lobby, banche, dinastie, gruppi mediatici.» (Donatella Di Cesare, Il complotto al potere, Einaudi, 2021). Vi sarà sempre un potere da attaccare. Ma per fare cosa poi, una volta, supponiamo vinto? L’argomento non interessa questo mondo nuvoloso, non se lo pone neppure come problema reale. Ed ecco perciò che a guidare questa massa informe di persone che dalla nuvola scendono in piazza, senza alcuna concezione di senso critico, non possono esser nient’altro che fascisti. Per di più fascisti che hanno niente da perdere. Piccole organizzazioni. Non hanno di certo il problema di prendere il potere. Non fanno paura al potere effettivo. Ora che la sede CGIL di Roma è stata presa cosa succede? Una rivoluzione, scusate se scomodo questo termine ed il suo significato per un accadimento tanto inane, è cosa seria.

Mi viene in mente un episodio nelle fasi immediatamente successive alla fine della Seconda guerra mondiale: Gian Carlo Pajetta a Milano assalta e prende manu militare la Prefettura. Da Roma Palmiro Togliatti gli parla al telefono: Bravo, e adesso che te ne fai? E sto parlando di giganti, in ogni senso, rispetto ai microbici tempi attuali.

Non sono certo i partii più grossi della destra che scendono in piazza. Se ne guardano bene, dovendo salvaguardare il lato pro-sistema e simil borghese dei loro aficionados.

Non sono certo i raggruppamenti di sinistra, piccoli e poco incisivi a livello macro-sociale, non trascinano queste piccole folle. Il loro senso politico li configura, in ogni caso, comunque come politici difficili da capire.  Perciò non hanno presa sull’ingenuità e ignoranza diffusa tra la massa-nuvola. Aggiungiamo che la confusione nella sinistra che è rimasta è tanta. Proprio per cercare di rielaborare il lutto della caduta dell’impero sovietico, impero a livello geografico ed economico, naturalmente anche teorico-speculativo, queste figure politiche hanno da anni cercato una purezza di teorica e distinguo inutili verso quel mondo, cattivo mondo. E sono ancora alla ricerca di qualche risultato decente, essendo ogni volta la realtà maestra di insegnamento per loro pochezza.

Ma non importa, sulla nuvola un posticino pure per loro, che devono però stare solo là. Tempo fa, tanto tempo fa, a sinistra i c’era chi esaltava la rete come trincea di vera democrazia. Avendo capito nulla prima, di quello che succedeva nella storia mondiale hanno continuato a non capire nulla dopo, che la storia mondiale ha avuto anche la rete come strumento di narrazione. Strumento, non risoluzione. La risoluzione mediatica è di destra ovviamente. E la piazza, di conseguenza, pure. Perché meravigliarsi.

Perché continuare a seguire ed a cincischiare con questo mondo problematico, innanzitutto verso sé stessi. Non bastano alcune figure di umani in grado di saper legger e scrivere, per dare un senso di sostanza reale a questo mondo.

Forse basterebbe poco, una riflessione razionale. Se è tutto un complotto dei poterei forti perché non stracciare la carta d’identità? Perché vaccinare i bambini contro le malattie epidemiche infantili? Perché avere un passaporto per andare negli Stati Uniti ed in centinaia di altri Paesi? Bruciamo tutto, libertà! Quando si va a fare la spesa all’Esselunga perché dargli la carta Fidaty per gli sconti? Chi se ne frega degli sconti. Libertà! Perché mostrare la tessera del sistema sanitario regionale per accedere al servizio? Mamma mia, il Bancomat, voglio i miei soldi subito da tenere sotto il materasso: libertà! La patente, non importa tanto so guidare da sempre.

Se queste preoccupazioni di congiure ad ogni dove, si sostanziano anche nelle classi elitarie, che delle nuvole di vario tipo hanno fatto business – moda, calcio, musica, rete ecc. ecc. - i patrioti della libertà dovrebbero forse cercare di capirci qualcosina di più, ma temo non sia possibile: “Indipendentemente dalle preferenze politiche di ciascuno, riteniamo che sia importante osservare due cose. La prima è che gli argomenti a favore delle chiusure non sono granché coerenti con ciò che sappiamo dei virus, di e di questo virus. «Chiudere» la società non corrisponde a una necessità in qualche modo implicita nelle caratteristiche di diffusione e di contagio di Sras-Cov-2. Dedurre dall’aspetto più evidente e banale, cioè che il virus «passa» per le relazioni sociali, che quest’ultime vadano ridotte al minimo, denota una certa semplicità di ragionamento, per non dire cose peggiori. Inoltre, ripetutamente abbiamo assistito a supposte dimostrazioni della «giustificazione» scientifica di scelte politiche che non erano coerenti con le conoscenze disponibili. Concetti anche non eccessivamente complessi (ad esempio, che la popolazione suscettibile non coincide con la totalità della popolazione) sono stati regolarmente trascurati, a vantaggio di un racconto pubblico come di una storia di cappa e spada: noi contro il virus, gli uni contro gli altri armati.” Gli autori dello scritto (Il sole 24 ore, 26 settembre 2021,) Gilberto Corbellini e Alberto Mingardi sono rispettivamente un epistemologo e un politologo, naturalmente docenti universitari. Facciamo un po’ di contro pelo alla citazione e poi chiudiamo. La prima pare irride alle chiusure dato che non sappiamo poi molto del virus (?) e dato che parrebbe quindi notorio che in presenza di virus epidemici si debba aprire ai contatti e non starci attenti. Aprire ai contatti? Tanto poi i monatti li conosciamo bene. Il ragionamento che cerca di prosciugare, di limitare il luogo della trasmissibilità è “semplice… per non dire cose peggiori”. Che sono naturalmente tutte quelle che portano al complotto, come indicava più sopra Di Cesare. Altro cosa potrebbe essere? Ripeto, questi due signori insegnano all’università. I concetti non complessi che non sono stati considerati, da chi avrebbe dovuto farlo – governo, medici vari ecc. ecc. - sono esemplificati nell’ovvietà, che anche un abitante della nuvola può fare sua, e cioè che le persone che possono ammalarsi non sono la totalità degli umani sulla terra. Ripeto ancora, questi due insegnano all’università. Per finire con il ritratto di un’umanità scimunita che gioca alla vita come nel romanzo di cappa e spada dei tre moschettieri che erano quattro.

Io penso che la storia sia sempre presente ed è in essa che bisogna agire, sempre. Anche perché non possiamo non farlo: “Ma l’uomo non è soltanto ente naturale, bensì è ente naturale umano…E come tutto ciò che è naturale deve nascere, così anche l’uomo ha il suo atto di nascita, la storia. …La storia è la vera storia naturale dell’uomo.” Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, l’età di Marx era allora di 26 anni e perciò aggiungiamo un frammento di Epicuro, per fare capire meglio. Epicuro fu oggetto di tesi del giovane Marx che appunto la scrisse sul suo materialismo, tre anni prima, a 23 anni di età: “Nessuno, mentre è giovane, indugi a filosofare, né vecchio di filosofare si stanchi: poiché ad acquistarsi la salute dell’animo, non è immaturo o troppo maturo nessuno. E chi dice che ancor non è venuta, o già passò l’età di filosofare. è come se dicesse che d’esser felice non è ancora giunta l’età o già trascorse. (Epicuro, Lettera a Meneceo).

Si può fare quindi, si può uscire dalla nuvola.

 

Commenti