Critica della ragione bellica

Leggendo un bel testo di Tommaso Greco sono sorte alcune domande partendo dal presupposto che il punto di vista dell'autore è diverso dal nostro, ancorato a studi giuridici e filosofici decennali, a una sterminata bibliografia. 


Pubblichiamo alcuni appunti

 la fine del diritto internazionale coincide con la fine dell'Urss e un sostanziale equilibrio tra i due blocchi

la questione nucleare cambia radicalmente gli scenari, ricordo vagamente le tesi di Bobbio di 60 anni e passa fa quando scriveva che davanti alla minaccia nucleare dovevamo sentirci tutti obiettori

sarebbe forse il caso di rimettere in discussione i limiti propri del pacifismo giuridico che rispetto ad alcune tesi pacifista resta tuttavia (decisamente ) avanti, fermo alla idea che la violenza possa essere almeno ingabbiata, arrestata e ridotta ai minimi termini. La possibilità che si possa convincere al non utilizzo della violenza evitando il ricorso alla guerra in alcune fasi storiche ed economiche ci sembra una ipotesi assai debole, specie quando la guerra serve per superare le crisi sistemiche

Se kant pensava che il modello di riferimento statuale fosse quello repubblicano, ogni considerazione odierna dovrebbe partire dalla necessità di contare sul rispetto dei diritti umani e sulla natura democratica degli stati. Ebbene mi sembra che anche queste due elementari premesse siano oggi in seria discussione

Palese la irrilevanza dell'Onu e degli organismi o istituzioni internazionali, cosa resta da fare? Il ricorso alla forza non è riconducibile a ragioni più economiche e meno etiche o morali; ai tempi nostri non sarebbe logico dire che il capitale ha gettato la propria maschera e non ha più bisogno di sovrastrutture ideologiche?

La stessa democrazia odierna ha sempre meno bisogno di conflitto e partecipazione, era l'idea dell'epoca neokenesiana mentre oggi si cerca solo l'assenso e si riducono gli spazi di libertà e di democrazia. Cambiando gli scenari e i punti di riferimento anche i test5i, più o meno sacri, del pacifismo perdono efficacia e pregnanza, la democrazia si trasforma in autocrazia, il dissenso diventa atto di insubordinazione da cattivi maestri e da qui l'uso della forza evocato contro i nemici interni ed esterni. Insomma dalla guerra nei Balcani in poi mi sembra che sia venuto meno il binomio pace e democrazia da una parte in antitesi a guerra e autocrazia: le riflessioni del pacifismo odierno sono tutte legate alla stagione del secondo dopoguerra in scenari politici, economici e filosofici nel frattempo profondamente cambiati. La società capitalistica si fa meno scrupoli di 40 o 50 ani, non cerca il consenso e la partecipazione ma essenzialmente cerca solo il miglio percorso per conservare il auo dominio e per farlo diventa scontato anche il ricorso alla guerra. 

Commenti

  1. Grazie per questo commento articolato. Magari troveremo il modo di discuterne... Buon lavoro!

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