Ristagno economico e crollo della produttività: l'economia di guerra non è la soluzione per i salariati

I nostri salari hanno perso potere di acquisto  da almeno 50 anni, diminuiva il potere di acquisto quando in altri paesi UE cresceva il costo della vita è aumentato al contrario degli stipendi e delle pensioni.



Il potere contrattuale è sceso ai minimi termini, la democrazia nei luoghi di lavoro è un optional, se denunci il mancato rispetto delle normative di sicurezza diventa scontato subire delle ritorsioni.

Lo stato di salute dell’economia italiana? 

Con un po’ di pazienza, se leggiamo i documenti ufficiali, le analisi statistiche ed economiche si comprende quanto sia illusorio l’ottimismo del Governo sull'andamento dell'economia e della occupazione: se paragoniamo l'Italia alle economie avanzate extra-europee la nostra  crescita è risibile, inferiore a quella degli Usa, del Regno Unito ma anche di molti altri paesi UE e del sud est asiatico.

Se poi guardiamo al PIL italiano la crescita è pari a un terzo di quella dei paesi menzionati, in tempi recenti e medio lunghi l’Italia è cresciuta poco e ancor meno ha innovato i propri processi tecnologici.

Venia agli ultimissimi anni, dal 2019 ad oggi,  la produttività in Italia diventa stagnante (+0.2%)

Produttività del lavoro assai ridotta, basse e lavorate, stando ai dati OCSE, subiscono la stessa sorte scopriamo che tanti dei posti di lavoro creati sono andati a una fascia di età che va dai 49 ai 59 anni, ossia quanti sono già in possesso di specializzazioni e competenze. Negli ultimi mesi anche i posti di lavoro offerti a questa fascia di età hanno subito una certa contrazione

Se qualche crescita dell’economia, in tempi recenti, c’è stata ha assunto dimensioni assai ridotte e trainata da settori tradizionali con elevata intensità di lavoro e bassi livelli di produttività che poi sono destinati a perdere spazi di mercato con l’arrivo dei dazi e delle nuove tecnologie. E la bassa intensificazione di capitale riguarda ogni settore ed è accompagnata da una dinamica salariale recessiva o, meglio, dalla crescita di forti disparità che hanno al contempo reso la nostra società sempre più diseguale.

Se queste sono le premesse per ragionare seriamente attorno al tema della produttività, le conclusioni sono presto fatte: la crescita dell’economia italiana è veramente debole, la dinamica salariale recessiva, i risultati ottenuti modesti e discontinui a palesare ritardi strutturali del nostro paese. Davanti al mancato rafforzamento strutturale della produttività del lavoro la conclusione è quasi scontata: quando non basteranno le risorse stanziate per il riarmo da qualche parte i soldi dovranno essere presi e, a tal punto, l’economia di guerra opererà delle scelte come il contenimento della spesa per il welfare.

Perfino le opere di compensazione promesse agli enti locali in cambio della accettazione di nuove basi stanno svanendo nel nulla perché una economia in crisi ha bisogno di raggranellare per il Riarmo tutte le risorse necessarie. Un futuro radioso per i titoli in borsa delle imprese di armi ma assai amaro per lavoratori e pensionati.


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