Marcia Perugia-Assisi. Per una pace reale, fuori da ogni ipocrisia bellica
Marcia Perugia-Assisi. Per una pace reale, fuori da ogni ipocrisia bellica
di Laura Tussi
La Marcia Perugia-Assisi nasce storicamente come cammino di pace, di disarmo e di giustizia sociale. Tuttavia, desta perplessità vedere tra gli aderenti forze politiche e sindacali come il Partito Democratico e la CGIL, che non hanno mai realmente contrastato l’invio di armi in Ucraina e che anzi, in più occasioni, hanno giustificato la linea governativa di sostegno militare a Kiev. Questa ambiguità rischia di svuotare di senso la marcia stessa: come si può sfilare sotto lo striscione della pace e allo stesso tempo avallare politiche che alimentano il conflitto?
Il timore è che la Perugia-Assisi finisca per diventare una vetrina di buone intenzioni, più che un vero atto di rottura con le logiche belliche. Per molti attivisti e realtà di base, la pace non è compatibile con il finanziamento dell’industria militare e con il continuo invio di armamenti. Se la marcia non riesce a distinguersi con chiarezza da queste scelte, rischia di trasformarsi in un rituale svuotato, incapace di rappresentare davvero quell’opposizione radicale alla guerra che la società civile continua a chiedere con forza.
E tuttavia la Marcia Perugia–Assisi è da sempre un grande appuntamento in quanto è la marcia che Aldo Capitini volle cinquant’anni fa come testimonianza viva di nonviolenza, un’assemblea itinerante di popolo, un laboratorio a cielo aperto di cittadinanza attiva. Generazioni di donne e uomini hanno camminato lungo quei chilometri con le bandiere arcobaleno, rivendicando il diritto alla pace, al disarmo, alla convivenza.
Eppure, oggi più che mai, siamo chiamati a interrogarci sul senso autentico di questa Marcia. Non può ridursi a una tradizione vuota, a un rito ripetuto. Non possiamo permettere che venga strumentalizzata da calcoli politici, da governi che proclamano pace a parole mentre finanziano guerre, producono armi e violano apertamente la nostra Costituzione.
L’articolo 11 della Carta repubblicana ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli. Ma in questi anni l’Italia è stata complice e protagonista di conflitti ipocritamente definiti “umanitari”, dalle missioni in Afghanistan e Libia fino alle forniture di bombe e armamenti che oggi alimentano massacri in Medio Oriente, in Ucraina e in tante altre parti del mondo. È a questa verità che la Marcia deve avere il coraggio di guardare in faccia.
La pace non è un concetto astratto. È accoglienza dei profughi che fuggono dalle guerre, è lotta contro le disuguaglianze che i conflitti aggravano, è impegno quotidiano nelle relazioni, nella scuola, nelle istituzioni, nel lavoro. La pace è fatta di gesti concreti: resistere all’indifferenza, indignarsi di fronte alle ingiustizie, scegliere la nonviolenza come forma di vita e di lotta.
Come ricordava Stéphane Hessel con il suo appello Indignatevi!, la Resistenza non è solo un fatto storico, ma un atteggiamento permanente: ieri contro il fascismo, oggi contro le mafie, la corruzione, il razzismo, il degrado ambientale, le guerre. È la stessa eredità che ci hanno lasciato i partigiani antifascisti, il padre costituente Piero Calamandrei, i fratelli Rosselli, don Andrea Gallo, Vittorio Arrigoni con il suo “Restiamo umani”.
Ecco perché chiediamo con forza che la Marcia Perugia–Assisi si dissoci apertamente da tutte le guerre, senza reticenze né omissioni. Non basta invocare genericamente la pace: occorre denunciare le responsabilità dirette del nostro Paese, che continua a tradire la propria Costituzione e la volontà dei cittadini ad esempio con la fabbricazione di armi e l’invio di esse ai paesi belligeranti, come Ucraina e Israele.
Il futuro non si costruisce con la logica del “dio petrolio”, né con la corsa agli armamenti, ma con la cura del pianeta, la ricerca di energie pulite, la lotta alla fame nel mondo. La pace è la vera forma di progresso.
Camminare da Perugia ad Assisi significa oggi scegliere da che parte stare: con chi alimenta la guerra e il profitto delle industrie belliche, o con chi resiste, giorno dopo giorno, in nome della dignità umana.
Se vogliamo che questa Marcia continui a essere memoria viva di Capitini e di Gandhi, dobbiamo rimettere al centro il messaggio più semplice e radicale: la nonviolenza integrale, l’opposizione senza compromessi alla guerra. Solo così la Perugia–Assisi sarà davvero la marcia di tutti e per tutti.

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