Pesticidi vietati ma esportati in massa Il doppio standard tossico dell'Unione Europea
Pesticidi vietati ma esportati in massa
Il doppio standard tossico dell'Unione Europea
Sergio Ferrari
Traduzione a cura del Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati
L'etica non ha spazio quando si tratta di grandi affari. Nonostante le promesse contrarie, l'Unione Europea continua ad esportare su larga scala pesticidi il cui uso è vietato nel proprio territorio.
Nel 2024 sono uscite
dall'Unione Europea (UE) 122.000 tonnellate di pesticidi non autorizzati sul
suo territorio, in diretta contraddizione con gli impegni assunti nel 2020
dalla stessa Commissione Europea - l'esecutivo comunitario - che aveva deciso
di porre fine all'esportazione di prodotti chimici non autorizzati dall'Unione
stessa.
Le rivelazioni diffuse si
basano sui dati forniti dall'Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA),
creata nel 2007 e con sede a Helsinki, in Finlandia. Sebbene le fonti originali
siano gli stessi produttori - e possano differire in termini di volumi e cifre
- sono attualmente le più complete disponibili. Come spiegano Public Eye
e Unearthed, la spettacolare crescita statistica delle esportazioni
europee di questi pesticidi è dovuta al fatto che dal 2018 in poi è stato
vietato l'uso nel territorio europeo di un centinaio di sostanze tossiche
pericolose che sono state inserite nell'elenco delle sostanze soggette alla
legislazione sull'esportazione. Molti di questi prodotti erano già esportati in
precedenza, ma poiché il loro utilizzo era autorizzato nell'Unione Europea, non
figuravano come vietati per la vendita internazionale (https://www.publiceye.ch/fr/thematiques/pesticides/les-exportations-de-lue-en-forte-hausse-malgre-les-promesses-de-la-commission).
Veleni made in Europa
Il rapporto pubblicato
negli ultimi giorni di settembre mostra che nel 2024 sono stati esportati 75
pesticidi vietati nell'Unione Europea (contro i 41 del 2018). Al primo posto,
con 20.000 tonnellate esportate, si trova il dicloropropene (1,3-D), un liquido
incolore dall'odore dolce utilizzato come fumigante e nematocida prima della
semina, nonché nella coltivazione di frutta e verdura. Escluso dall'UE dal 2007
per il rischio di contaminazione delle acque sotterranee, è considerato
potenzialmente cancerogeno negli Stati Uniti, anche se continua ad essere
utilizzato.
Secondo diverse fonti, la
seconda esportazione più importante è stata quella della cianamide, un
regolatore della crescita vegetale sospettato di provocare il cancro e di
danneggiare la fertilità, che è stato vietato a causa dei chiari indizi sugli effetti
nocivi per la salute umana e, in particolare, per i lavoratori. Lo stesso vale
per gli insetticidi neonicotinoidi, identificati come un fattore chiave nel
declino delle api e di altri impollinatori in tutto il mondo, e per il
mancozeb, un fungicida vietato nel 2020 dopo che è stato scoperto che è tossico
per la riproduzione e un distruttore endocrino. Tra le sostanze tossiche
esportate figurano anche il Diquat, un erbicida ad alta tossicità, che
recentemente è stato scoperto essere implicato nell'avvelenamento di
agricoltori in Brasile; il Clorpirifos, un pesticida vietato correlato a danni
cerebrali nei bambini; il Clorotalonil, una sostanza chimica vietata per il suo
potenziale di contaminazione delle acque sotterranee e di provocazione del
cancro.
Secondo lo studio di Public
Eye e Unearthed, 93 paesi importano pesticidi vietati in Europa. Al
primo posto gli Stati Uniti e al secondo il Brasile che, peraltro, costituisce
il principale mercato mondiale dei pesticidi e che lo scorso anno ha acquistato
15 mila tonnellate dall'Unione Europea. Tra gli importatori latinoamericani più
attivi figurano anche Argentina, Cile, Perù, Colombia, Ecuador e Messico. La
ricerca rivela che 9.000 tonnellate sono state destinate all'Africa, con
Marocco e Sudafrica come principali importatori nel 2024. Questo commercio si
estende, tra gli altri paesi, a Russia, Cina, Australia, India e Giappone, per
lo più grandi potenze agricole mondiali.
La Germania è in testa ai
membri dell'Unione Europea che esportano queste sostanze tossiche, con circa 50
mila tonnellate nell'ultimo anno, seguita dal Belgio, con oltre 15 mila
tonnellate. Subito dietro, Spagna, Paesi Bassi e Bulgaria superano ciascuno le
10 mila tonnellate. Nel 2024 la Spagna ha approvato l'esportazione di quasi
12.900 tonnellate di pesticidi vietati, il che rappresenta un aumento
significativo rispetto alle 5.200 tonnellate esportate nel 2018, primo anno per
cui sono disponibili dati completi. Francia e Italia chiudono la lista degli
esportatori con oltre 5.000 tonnellate.
L'azienda leader nelle
vendite è la tedesca BASF, principale gruppo chimico a livello mondiale, con 33
mila tonnellate di questo tipo di prodotti tossici. Tra le 5 e le 12 mila
tonnellate si collocano le multinazionali Teleos Ag Solutions, Agria, Corteva,
Bayer, Alzchem e Syngenta. Quest'ultima, il gigante chimico della Svizzera -
paese che non fa parte dell'Unione Europea - ha venduto circa 9 mila
tonnellate, per lo più attraverso filiali tedesche.
Protesta
dei cittadini
Durante una
manifestazione organizzata a Bruxelles alla fine dello scorso giugno,
un'alleanza che riunisce più di 600 organizzazioni non governative (ONG) e
sindacati ha chiesto a Ursula von der Leyen, presidente della Commissione
europea, di mantenere la promessa di porre fine alle esportazioni europee di
pesticidi vietati (https://pan-international.org/wp-content/uploads/Banned-pesticides_ESP_FINAL.pdf).
Questa alleanza condanna
la passività delle autorità europee e la loro politica dei “due pesi e due
misure” che mina la credibilità dell'Unione in materia di prodotti chimici
pericolosi. D'altra parte, questo atteggiamento dell'UE espone a un “rischio inaccettabile”
la popolazione dei paesi a basso e medio reddito che importano tali pesticidi.
Inoltre, l'alleanza mette in guardia sui rischi per i consumatori europei che
sono esposti ai residui di pesticidi vietati negli alimenti importati.
Le ONG chiedono alla
Commissione europea di «mantenere con la massima urgenza il proprio impegno e
garantire, senza ulteriori ritardi, che tutti i pesticidi vietati nell'UE per
proteggere la salute umana e l'ambiente siano anche vietati nella produzione e
nell'esportazione e che non sia consentita la presenza di residui di queste
sostanze chimiche tossiche nelle importazioni alimentari».
Prodotti
tossici e “accordi tossici”
La manifestazione
protestava anche contro l'accordo di libero scambio tra l'Unione Europea e il
MERCOSUR firmato lo scorso dicembre e attualmente in fase di discussione nelle
istituzioni esecutive delle due alleanze, nonché nei parlamenti nazionali di entrambe
le regioni.
Secondo le voci critiche,
se l'accordo UE-MERCOSUR fosse ratificato, verrebbero eliminati i dazi doganali
su oltre il 90% dei prodotti chimici, compresi i pesticidi. Di conseguenza,
sarebbe possibile esportare più pesticidi prodotti in Europa nei paesi del MERCOSUR
e, in cambio, dal MERCOSUR verso l'Europa verrebbero esportati più prodotti
agricoli e alimentari che rischiano di essere contaminati dagli stessi
pesticidi europei. Tutto ciò causerebbe l'inquinamento del suolo e dei fiumi,
oltre a effetti negativi sulla salute delle popolazioni locali, a vantaggio
solo delle grandi multinazionali chimiche.
D'altra parte, nel 2025
ricorreranno i 25 anni dall'entrata in vigore del primo trattato di libero
scambio tra l'Unione Europea e un paese latinoamericano, il Messico. In questo
contesto, nella seconda metà di settembre oltre 50 organizzazioni di quasi venti
paesi dei due continenti hanno lanciato una campagna internazionale contro i
trattati commerciali “tossici” tra l'UE e l'America Latina. L'obiettivo della
campagna è dimostrare quali sono state [e continueranno ad essere] le
implicazioni di questi accordi per il settore agricolo, l'industria, le
condizioni di lavoro, l'ambiente e l'accesso ai servizi di base, tra gli altri
settori. In questo senso, cerca di sensibilizzare l'opinione pubblica sugli
effetti nocivi che questi accordi hanno avuto sia per i paesi dell'America
Latina che per quelli dell'Unione Europea (https://www.youtube.com/watch?v=A6B6mZk1eRE).
I promotori della
campagna sostengono che “25 anni sono più che sufficienti per poter valutare se
i trattati commerciali hanno mantenuto le promesse”. E ricordano che le
organizzazioni coinvolte “hanno lavorato per decenni per smascherare i trattati
di libero scambio [ingiusti e tossici], mettendo in luce ciò che sono:
strumenti di dominio, che approfondiscono la disuguaglianza tra regioni e
popoli e aumentano il potere delle multinazionali” (https://americalatinasintlc.org/2025/09/16/paremos-los-tratados-comerciales-toxicos/).
Dall'esportazione di
pesticidi tossici alla firma di accordi commerciali tossici. Una combinazione
commerciale e geopolitica in cui i popoli non vengono consultati né presi in
considerazione e solo la voce della società civile internazionale organizzata riesce
ad avvertire e denunciare.
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