Petrov Day for Palestine a Trieste: la memoria di un eroe non abbastanza conosciuto, che salvò il mondo dalla distruzione nucleare e la lotta per Gaza

 

Petrov Day for Palestine a Trieste: la memoria di un eroe non abbastanza conosciuto, che salvò il mondo dalla distruzione nucleare e la lotta per Gaza 

di Laura Tussi



Questo pomeriggio a Trieste, nel “Kako di Nagasaki” — uno spazio nel parco di San Giovanni, presso lo studio che fu di Franco Basaglia in via Costantinides — si terrà il Petrov Day for Palestine, in corrispondenza della Giornata ONU del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari. L’iniziativa si inserisce nella campagna per una Nuclear Free Zone nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. In caso di maltempo, l’evento si svolgerà sotto i portici nella parte alta del parco, vicino alla chiesa.

La scelta del “Kako di Nagasaki” non è casuale: questo spazio trae il nome da un albero sopravvissuto all’orrore del bombardamento atomico americano su Nagasaki nel 1945, ed è carico di una memoria che lega il disastro nucleare giapponese alla denuncia della guerra e della minaccia atomica globale.

L’incontro musicale e performativo vedrà la partecipazione di artisti impegnati da tempo su temi di pace e giustizia: Alejandro Fernandez, che ha composto canzoni contro la fabbrica di droni Leonardo di Ronchi e per la Palestina; Nicola Spanghero, che presenterà la sua tesi sullo scoppio di una bomba nucleare nella base di Aviano; e Silvia Marinković, che eseguirà al flauto barocco la Pavane “Lacrymae” di Jacob van Eyck.

L’associazione Tavola Pace FVG esporrà una proposta di denuclearizzazione del Golfo, area che ospita i porti militari di Trieste e Capodistria. L’idea è quella di richiamarsi al Trattato di Pace che istituì la smilitarizzazione e la neutralità del territorio italiano, mettendo in relazione queste istanze con il nuovo Trattato ONU di Proibizione delle Armi Nucleari.

L’evento è promosso a sostegno della Global Sumud Flotilla per Gaza — già oggetto di pesanti attacchi — ed è dedicato al colonnello sovietico Stanislav Petrov, l’uomo che nel 1983, rimanendo calmo di fronte a segnali radar che avrebbero potuto giustificare un attacco nucleare di rappresaglia, scelse di aspettare conferme invece di lanciare una contromisura automatica, salvando il mondo da una possibile escalation nucleare.

Chi era Stanislav Petrov, l’uomo che salvò il mondo

La notte del 26 settembre 1983 il mondo fu a un passo dall’olocausto nucleare. In piena Guerra Fredda, mentre le tensioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica erano altissime, il sistema radar sovietico Oko lanciò un allarme: i computer segnalavano il lancio di missili balistici intercontinentali dagli Stati Uniti contro l’URSS. Secondo i protocolli militari, quella segnalazione avrebbe dovuto portare a una risposta immediata e devastante, scatenando una guerra atomica senza ritorno.

In quella sala operativa, però, c’era un uomo che decise di non fidarsi ciecamente delle macchine. Si chiamava Stanislav Yevgrafovich Petrov, colonnello della difesa aerea sovietica. Nato nel 1939 nella regione di Vladivostok, Petrov era un ufficiale metodico, abituato a ragionare con lucidità. Di fronte a quei segnali, che mostravano l’arrivo di cinque missili americani, scelse di attendere. “Un vero attacco nucleare non avrebbe avuto questa portata — pensò — gli Stati Uniti non si sarebbero limitati a lanciare pochi ordigni, ma avrebbero scatenato una pioggia di missili”.

La sua intuizione si rivelò corretta: era un falso allarme, causato da un errore del satellite che aveva interpretato il riflesso del sole sulle nuvole come un lancio di missili. Se Petrov avesse seguito le procedure senza dubitare, la storia del mondo sarebbe stata segnata da una catastrofe senza precedenti.

Per anni la sua vicenda rimase avvolta nel silenzio dei segreti militari sovietici. Solo dopo il crollo dell’URSS, nel 1998, la sua storia fu resa pubblica. Da allora, Petrov è stato riconosciuto come “l’uomo che salvò il mondo”, insignito di premi internazionali come il World Citizen Award e celebrato in documentari e film. Nonostante questi riconoscimenti, visse in condizioni modeste fino alla morte, avvenuta nel 2017, quasi dimenticato nel suo Paese.

La grandezza di Petrov non sta solo nel gesto tecnico di valutare un falso positivo, ma nel coraggio morale di assumersi la responsabilità personale in un sistema militare dove obbedire ciecamente agli ordini era la regola. La sua scelta dimostrò che, anche nei momenti più bui della storia, il destino del mondo può dipendere dalla coscienza di un singolo uomo.

L’urgenza di enti internazionali per il Controllo delle Armi

Anche se il gesto non venne pubblicizzato nei decenni successivi, Petrov è oggi celebrato come “l’uomo che salvò il mondo”, simbolo della responsabilità individuale nel sistema nucleare globale.

Ed oggi il “Petrov Day for Palestine” si propone come momento emblematico: non solo ricordare un gesto coraggioso che evitò l’apocalisse, ma collegare quella memoria ai temi urgenti della contemporaneità — la guerra, il rischio nucleare, le sofferenze a Gaza, la necessità di zone libere da atomiche nel Mediterraneo.

L’appello è a rendere concreto il simbolo: che la memoria di Petrov non resti un mito da celebrazione, ma diventi stimolo per politiche vere di disarmo, neutralità e sostegno ai popoli colpiti dalla guerra. Nel parco Basaglia, tra note musicali e parole, si intrecceranno memoria storica e presente doloroso, per costruire un ponte tra il silenzio che salvò il mondo e le urla che chiedono giustizia oggi.


Nella foto: Ritratto artistico di Stanislav Petrov, il colonnello sovietico che nel 1983 evitò la catastrofe nucleare, raffigurato tra simboli di guerra e distruzione. Il suo volto emerge come monito di coscienza e responsabilità umana di fronte alla follia atomica.

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