Tre giorni per la Pace 2025: un patrimonio di idee e testimonianze da rivedere e custodire

 

Tre giorni per la Pace 2025: un patrimonio di idee e testimonianze da rivedere e custodire. 

Con l’intervento di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici



La Tre giorni per la Pace 2025 si è conclusa lasciando un segno profondo. Non soltanto per la qualità degli ospiti, ma soprattutto per l’altissimo livello dei dibattiti che si sono succeduti nei vari panel, capaci di intrecciare visioni, esperienze e prospettive sul futuro della convivenza tra i popoli.
Dal 19 al 21 settembre il Centro Internazionale di Quartiere di Milano ha ospitato la Tre giorni per la pace, un’iniziativa promossa dal Coordinamento per la Pace con la partecipazione di decine di associazioni, intellettuali, artisti e attivisti. L’obiettivo era quello di unire voci e riflessioni contro le politiche belliche e costruire un pensiero critico capace di contrastare la deriva verso la guerra.
La rassegna si è aperta venerdì 19 settembre con una serata dedicata al ricordo di giornalisti e personalità che hanno pagato con la vita o con la persecuzione il loro impegno nella ricerca della verità. Germana Leoni, Fabrizio Cassinelli, Salvatore Attanasio e Rino Rocchelli hanno portato testimonianze intense che hanno subito calato il pubblico dentro il senso della manifestazione. In serata Angelo D’Orsi ha guidato la riflessione sul “sistema guerra”, analizzando i meccanismi che lo alimentano e lo rendono una presenza costante nella storia contemporanea.
La giornata di sabato 20 settembre si è aperta all’insegna dell’arte, con Claudio Elli, Alberto Oliva e Roman Froz Gorskiy che hanno discusso del ruolo della creatività nei tempi di conflitto e delle censure che colpiscono artisti e intellettuali. Nel pomeriggio, Laura Tussi e Fabrizio Cracolici hanno presentato in libreria il loro libro I partigiani della pace, offrendo spunti di memoria e attualità. Subito dopo un panel molto partecipato ha affrontato la domanda centrale: “Perché ci portano in guerra?”. Economisti e studiosi come Andrea Fumagalli, Alessandro Volpi, Vadim Bottoni e Domenico Moro hanno smontato le ragioni economiche e finanziarie che spingono gli Stati verso il conflitto. 
A seguire, Federico Greco, Francesco Galofaro, Maurizio Guerri e Gianluca Magi hanno discusso di propaganda, manipolazione delle masse e nuove tecnologie, mostrando come l’intelligenza artificiale e i sistemi di sorveglianza siano usati per consolidare il controllo sociale. In serata, la manifestazione ha offerto anche un momento artistico e politico di grande intensità: Gaetano Liguori ha eseguito la Cantata Rossa per Tall El Zaatar, seguita dalle letture di testi palestinesi affidate alla voce di Silvano Piccardi.
Domenica 21 settembre si è aperta con un incontro dedicato all’arte come strumento di pensiero critico. Silvia Battisti e Serena Rossi hanno proposto un percorso attraverso opere e dipinti che hanno raccontato la guerra in modo diverso, stimolando riflessioni sulla forza trasformativa della cultura. Nel pomeriggio si è tornati in libreria per nuovi incontri e subito dopo si è discusso di “militarizzazione della società”, con Antonio Mazzeo, Alberto Larghi, Giuliano Marrucci, Fabio Savoldelli e Dalia Abbadi che hanno mostrato come scuola, università, informazione e industria militare vengano progressivamente piegate alla logica bellica, a discapito del welfare e delle libertà civili. La penultima sessione è stata dedicata all’analisi geopolitica: Fulvio Scaglione, Francesco Maringiò, Stefano Orsi e Shokri Hroub hanno indagato la crisi dell’egemonia americana, l’affermarsi del multipolarismo e i conflitti in Ucraina e Medio Oriente. La chiusura, affidata a Moni Ovadia, ha riportato al cuore del progetto: la necessità di rilanciare il pensiero critico, unire le forze pacifiste e spingere l’Italia a uscire dalla logica della guerra.
Per tre giorni, dunque, il C.I.Q. si è trasformato in un laboratorio collettivo di idee, analisi e arte. Accanto ai dibattiti, il bar e la cucina hanno contribuito a creare un clima di convivialità che ha reso l’esperienza ancora più partecipata. Non un semplice convegno, ma un’occasione di incontro, memoria e costruzione di un’alternativa concreta alla cultura della guerra.
Ogni tavola rotonda ha avuto un carattere proprio, dalla riflessione sulle guerre in corso alla ricerca di nuovi strumenti per la diplomazia, dal ruolo delle comunità religiose fino alle strategie educative per formare una cultura della nonviolenza. A emergere è stata una pluralità di voci che, pur diverse, hanno saputo convergere su un punto comune: la pace non è un’utopia, ma un processo che va costruito giorno dopo giorno con coraggio e responsabilità.
Gli interventi dei relatori – accademici, diplomatici, rappresentanti della società civile, attivisti e religiosi – hanno offerto chiavi di lettura profonde e spesso controcorrente, sempre sostenute da rigore intellettuale e passione etica. Non sono mancati momenti di confronto serrato, ma è proprio dal dialogo sincero e dalla capacità di ascolto che è scaturita la ricchezza di queste giornate.

Nel video l’intervento di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici.

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