Disobbedienza civile dei lavoratori contro la guerra

 Il gesto di disobbedienza civile dei lavoratori e delle lavoratrici che hanno rifiutato di caricare armi, sotto il nome di aiuti umanitari, pone dei quesiti che dobbiamo seriamente considerare. Affinché il profondo ringraziamento che essi meritano non sia superficiale.

Primo, il fatto che la classe della “gente che lavora” (per dirla con lo storico marxista Hobsbawm) non è del tutto compromessa con l’attuale ordine sociale. Bisogna che questa parte così residuale diventi protagonista sul piano politico.

Secondo, che la lotta di classe non è terminata; anzi! Adesso in modo sempre più chiaro si sposta sul piano internazionale, della politica estera, delle relazioni di forza che gli stati intrattengono. E’ qui che deve pretendere, come questo gesto indica, di manifestare e organizzare il dovere di non collaborazione col sistema di dominio e di violenza. Tenendo sempre presente che l’ordine simbolico attuale è sempre più raffinato e persuasivo.

Terzo, che la giustizia non è una parola che nella vita dei lavoratori e delle lavoratrici ha perso la sua connotazione, la sua tensione. Che la lotta pacifica, consapevole, ragionata e intransigente resta del valore etico che storicamente ha sempre avuto e che occorre comunicare alle nuove generazioni.

Grazie per la bellezza del vostro gesto.

Pierpaolo

Commenti