In Francia un ex militante delle YPG in sciopero della fame

riceviamo e pubblichiamo

 

 In Francia un ex militante delle YPG, l’anarchico Libre Flot, si trova detenuto in attesa di giudizio e in isolamento ormai da oltre un anno. Per protesta, dal 27 febbraio è in sciopero della fame e ha già perso oltre dieci chili. Senza risposta finora la richiesta di essere rimesso in libertà, nonostante il parere favorevole dei Services Pénitentiaires d’Insertion et de Probation (SPIP). Dato che anche il suo stato psichico andava deteriorandosi, qualche giorno fa, il 25 marzo, lo hanno ricoverato in ospedale. In un comunicato, pubblicato in febbraio dal Collectif de combattants francophone du Rojava, oltre a rifiutare “cette infâmante et diffamatoire accusation d’association de malfaiteurs terroriste” aveva denunciato il carattere politico del suo arresto e dell’isolamento a cui veniva sottoposto. In sostanza, sosteneva di essere stato criminalizzato e imprigionato soprattutto per aver combattuto con i curdi delle YPG contro Daesh. Il suo arresto risaliva all’8 dicembre 2020, quando nel corso di una perquisizione in una casa occupata di Toulouse, la polizia avrebbe rinvenuto materiali ritenuti utili per la fabbricazione di ordigni rudimentali. Insieme ad una decina di altri militanti era stato accusato di “associazione terrorista” Perché sono in sciopero della fame Per oltre 14 mesi ho rifiutato l’accusa infamante e diffamatoria di appartenenza ad una organizzazione terrorista. Sono ormai più di 14 mesi che la Direzione Generale per la Sicurezza Interna (DGSI) mi ha spiegato che non sono stato arrestato per il motivo che volevano che credessi, ma per il mio coinvolgimento con le forze kurde contro lo Stato Islamico in Rojava. 

 Durante questi 14 mesi niente è emerso che validasse le tesi elaborate dal nulla dal DGSI, anche se per almeno 10 mesi sono stato seguito, sorvegliato, tracciato 24 ore al giorno nella mia auto, a casa, spiato persino nel mio letto. Per oltre 14 mesi ho compreso che sono le mie opinioni politiche e la mia partecipazione con le forze kurde YPG nella lotta contro Daesh che stavano cercando di criminalizzare. E’ da oltre 14 mesi che 7 persone che non si conoscono fra loro sono accusate di essere parte di un'associazione criminale. Sono stati più di 14 mesi di interrogatori da parte del giudice inquirente con l’utilizzo delle stesse tecniche tortuose del DGSI: manipolazione, decontestualizzazione, omissione ed invenzione di parole e fatti nell’intento di influenzare le mie risposte. Per oltre 14 mesi sono stato soggetto a provocazioni dallo stesso giudice che, mentre io sto qui a languire in un carcere della Repubblica, si permette di dirmi che questo caso è una perdita del suo tempo nella lotta contro il terrorismo. Ancora peggio, si permette di insultarmi nel modo più inaccettabile, chiamando i barbari dello Stato Islamico i miei “amici di Daesh”. 

Sebbene sia verbale, questo rimane un innegabile atto di violenza. E’ inammissibile che un giudice si permetta di insultarmi in questo modo, cercando di diffamarmi e sputando sulla memoria dei miei amici e compagni kurdi, arabi, assiri, turkmeni, armeni, turchi e internazionali che sono caduti nella lotta contro Daesh. Sono ancora furioso per questo. Per oltre 14 mesi di inchiesta prevenuta durante la quale, contrariamente al proprio ruolo, il giudice inquirente ha svolto indagini solo per l’accusa, mai per la difesa. Non ha preso in considerazione nulla che andasse oltre lo scenario prestabilito e che contraddicesse la falsa personalità costruita dalla A alla Z dal GGSI, che mi descrive come un “leader carismatico” anche se ogni modo di agire non orizzontale è contrario ai miei valori egualitari. Per oltre 14 mesi sono stato recluso in cosiddetta detenzione preventiva senza processo, nelle peggiori condizioni possibili: il regime di isolamento (vedi le mie lettere di marzo e giugno 2021), considerato “tortura bianca” e trattamento inumano e degradante da numerosi organismi internazionali. Sono ormai oltre 14 mesi che sono sepolto in una infernale e permanente solitudine, senza avere nessuno con cui parlare, capace solo di contemplare il declino delle mie capacità intellettuali ed il degrado del mio stato fisico, senza poter aver accesso ad alcun sostegno psicologico. 

Dopo aver fornito all’amministrazione penitenziaria falsi motivazioni per assicurare che sarei stato tenuto in isolamento, il magistrato ha chiesto di rigettare la mia richiesta di scarcerazione, e lo stesso ha fatto il pubblico ministero nazionale antiterrorismo. Per fare questo hanno praticamente fatto un “copia e incolla” della relazione del DGSI del 7 febbraio 20202, la base di partenza tutta di la vicenda, e la cui veridicità non è mai stata dimostrata e le cui informazioni non sappiamo da dove provengano. Abbiamo il diritto di domandarci quale era l’obiettivo di nastri di registrazione, sorveglianza prolungata, registrazione audio degli ultimi 2 anni di investigazione giudiziaria, dato che i fatti che dimostrano come le prove siano state costruite dal DGSI sono state naturalmente cancellate. Il pubblico ministero nazionale antiterrorismo (PNAT) ed il giudice inquirente stanno costantemente cercando di spargere confusione e creare un amalgama con i terroristi islamici, anche se sanno benissimo che io ho combattuto contro lo Stato Islamico, in particolare durante la battaglia per la liberazione di Raqqa, quando furono pianificati gli attacchi del 13 novembre. 

 Il giudice inquirente teme che io possa informare soggetti immaginari della mia situazione, anche se è pubblica, in particolare poiché il DGSI e i PNAT stessi hanno fatto trapelare l’informazione fin dal primo giorno. Egli afferma dunque che per prevenire ogni tentativo di pressione sui testimoni, vittime e loro familiari, anche se non esistono testimoni o vittime, dato che non esiste un reato. E’ onnipresente. Ha anche menzionato la paura che lo sforzo comune di co-imputati e complici, anche se tutti i coimputati sono stati rilasciati, che non ha interrogato nessun altro oltre me fin da ottobre 20221 e che ho aspettato pazientemente che finisse di interrogarmi per presentare la mia richiesta di liberazione. In circostanze diverse sarebbe stato comico notare l’utilizzo di fatti quali: il mio diritto di muovermi liberamente in Francia ed in Europa, il mio stile di vita, gli sport che pratico e la mia passione per la musica rap o per la musica kurda.

 Il magistrato attacca poi mia madre descrivendola come non in grado di essere una valida garanzia per la semplice ragione che non è riuscita ad impedire a suo figlio, all’epoca di 33 anni, di unirsi alle forze kurde delle YPG nella lotta contro Daesh. Una volta ancora la mia partecipazione in quel conflitto è criminalizzata. Il magistrato critica inoltre l’uso da parte mia di applicazioni criptate (WhatsApp, Signal, Telegram..) che in Francia usano correntemente milioni di persone. Infine egli rigetta senza motivo qualsiasi altra opzione di garanzia (lavoro, abitazione..) anche se il personale dei servizi di libertà vigilata e integrazione penitenziari (SPIP), che si occupano di questo, ha dato parere favorevole. 

Come si può facilmente capire dopo aver ordinato le indagini di fattibilità sulla possibilità del mio rilascio con braccialetto elettronico, il giudice, nonostante il parere positivo, ha deciso di non tenerne conto? Molti di noi hanno capito che in tutta questa vicenda la “giustizia” viola le proprie stesse leggi ed è soggetta all’agenda politica del DGSI. Ho appreso di recente dalle parole del direttore del carcere di Yvelines (Bois d’Acry), che ringrazio per la sua franchezza, che la decisione di pormi e mantenermi in regime di isolamento è stata presa fin dal primo giorno da parte di persone di alto profilo, e che qualsiasi cosa avessi detto o fatto, la decisione andava oltre le sue “competenze” e che la richiesta non sarebbe nemmeno stata letta e dunque rimarrò in isolamento ed in ogni caso nulla potrà cambiare prima delle elezioni presidenziali. · 

 Poiché stanno cercando di criminalizzare le attività di chi ha combattuto con i kurdi contro Daesh · Poiché la cosiddetta detenzione in attesa di processo viene usata per punire le mie opinioni politiche · Poiché tutta questa vicenda è frutto esclusivamente di manipolazione politica · Poiché oggi mi resta come unica prospettiva quella della lenta distruzione della mia persona Dichiaro che da domenica 27 febbraio, alle 6 del pomeriggio, sarò in sciopero della fame. Al momento posso solo esigere il mio rilascio, in attesa di dimostrare la natura calunniatoria di questa vergognosa accusa. Libre Flot, 27 febbraio 2022

Commenti