Precarietà giovanile e miseria da anziani
Le giovani generazioni devono pensare al loro futuro affidandosi a sistemi di sanità e previdenza integrativa per la vecchiaia.
Un luogo comune duro da morire , quello secondo il quale i giovani siano meno capaci di risparmiare rispetto ai loro padri, o nonni, frutto di una realtà manipolata ad arte.
Già prima del covid i lavori precari e a tempo determinato costituivano la maggioranza dell'offerta e analisi economici e giornali dovrebbero sapere che questa tipologia contrattuale prevede una riduzione dei contributi previdenziali. Ma le loro narrazioni dimenticano la evidenza dei fatti e vanno avanti imperterriti per favorire ogni forma di privatizzazione.
Se l'aspettativa di vita ha iniziato a diminuire già nel 2019 le cause sono da ricercare nei tagli al welfare e alla sanità, nella precarietà che spesso induce intere famiglie a sacrificare la salute (analisi, visite, cure...) per arrivare a fine mese, pagare un mutuo, le bollette o mandare a scuola i figli.
I costi dell'istruzione sono in continua crescita, le lunghe liste di attesa per prestazioni sanitarie costringono molti\e a ricorrere a visite private o intra moenia che hanno dei costi spesso e per molti\e inaccessibili.
Se percepisci uno stipendio di poche centinaia di euro sarai obbligato a scelte dolorose e la salute , o l'istruzione, diventa la prima voce da tagliare.
Analogo discorso vale per il risparmio, i nostri padri entravano prima di noi nel mondo del lavoro e percepivano stipendi in proporzione più alti con maggiori contributi previdenziali, se consideriamo poi la gratuità della sanità e i bassi costi dell'istruzione si capisce come la loro capacità di risparmio sia stata dettata da un potere di acquisto decisamente più alto.
Nei 40 anni ingloriosi del neoliberismo, il contenimento del debito è divenuto il mantra a cui omologarsi e sono iniziati i tagli al welfare. La supina accettazione di queste regole da parte sindacale ha portato alla nascita dei fondi sanitari e previdenziali collegati ai contratti nazionali, cogestiti da associazioni datoriali e sindacati rappresentativi e firmatari di contratto.
Una parte importante del salario è stata indirizzata con la scusa della decontribuzione, verso prestazioni assistenziali legate ai fondi previdenziali, non si dice che gli aderenti rinunciano al contempo al loro TFR destinandone l'importo ad una pensione aggiuntiva visto che quella dell'Inps sarà troppo bassa ( e qui entra in gioco il meccanismo di calcolo con quel sistema contributivo decisamente meno favorevole di quello retributivo).
Sempre nei fatidici 40 anni neoliberisti la tassazione a carico dei redditi elevati si è costantemente ridotta destinando meno fondi al welfare e allo Stato.
Alla luce di queste considerazioni possiamo trarre alcune conclusioni?
- i lavori precari non permettono alcun risparmio, anzi il lavoratore è sempre più indebitato
- i lavori precari destinano alla previdenza pochi soldi e cosi' acquista forza , e credibilità, la previdenza integrativa
- l'assenza di una sanità pubblica efficiente porta molti ad accettare lo scambio tra parti di salario e prestazioni sanitarie private
Questo sistema si regge sul consenso e sulla attiva partecipazione dei sindacati rappresentativi e su una campagna strisciante di convincimento delle giovani generazioni che alla fine perdono fiducia verso il welfare universale, la previdenza pubblica e interiorizzano l'idea che scambiare parti del salario con dei servizi sia alla fine una sorta di conquista o almeno una riduzione del danno.
E' utile leggere un recente rapporto della Bocconi (https://cergas.unibocconi.eu/sites/default/files/media/attach/4%C2%B0%20Rapporto%20OLTC%20-%20volume%20finale%20-%20oa.pdf?VersionId=e9K4TSwx1ysB4BRrhXSSYQw4lsbt2ise) per comprendere come sia affrontato uno dei principali problemi che affligge la terza età: la non autosufficienza.
Gli anziani non autosufficienti in Italia sono 3,8 milioni., molti di loro, circa 2,5 milioni sono assistiti da caregiver familiari, un milione e passa invece da badanti, in prevalenza donne immigrate molte delle quali al nero o con retribuzioni irregolari.
I servizi pubblici domiciliari pubblici sono del tutto inadeguati (reggendosi per altro, sempre in nome del contenimento dei costi, sul terzo settore e sulle cooperative sociali i cui dipendenti percepiscono salari da fame) e non riescono a farsi carico completamente del non autosufficiente. Ne consegue che numerose famiglie non hanno i soldi per pagare una badante a tempo pieno e non potendo appoggiarsi sul servizio pubblico devono fare alcune scelte come far abbandonare il lavoro alle donne trasformandole in caregiver o badanti dei propri cari (ecco spiegata la ragione per la quale la percentuale delle donne che lavorano con contratti part time in Italia sia tra le più elevate e causa, lo scrive il FMI, dell'arretratezza del sistema produttivo nazionale)
In questi anni il privato sociale o terzo settore ha acquisito sempre piu' forza e la sua competitività rispetto al sistema pubblico è determinata dai bassi salari che hanno spinto al ribasso le dinamiche contrattuali.
Allo stesso tempo cresce la preoccupazione degli italiani\e per la loro vecchiaia e lo spettro della non autosufficienza rappresenta una paura concreta da affrontare con i soliti strumenti: assicurazioni private, sanità integrativa o con prestazioni non regolarmente contrattualizzate
La sfida da raccogliere è ben altra: ripensare il welfare non per stravolgerlo o scambiare basse pensioni piu' basse con servizi da erogare, in vecchiaia alla non autosufficienza ma tassare invece in termini realmente progressivi i salari italiani per recuperare parte dei fondi mancanti al welfare universale. E solo allora sarà possibile destinare sufficienti risorse alla non autosufficienza perchè, a scanso di equivoci, i pensionati di domani, con assegni calcolati con il modello contributivo saranno poveri e impossibilitati, al contrario dei nostri padri e nonni, ad aiutare i giovani, saranno loro stessi bisognosi di aiuto e di sostegno anche se in salute.
Vengono al pettine i nodi delle politiche neoliberiste costruite su bassi salari, scarsi contributi previdenziali, riduzione del welfare universale e un sistema di tassazione favorevole ai redditi elevati. E prima che sia troppo tardi, urge invertire la tendenza
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