Il lavoro senza riconoscimento nel patrimonio culturale italiano
Mi riconosci? sono un professionista dei beni culturali: oltre la grande bellezza Il lavoro nel patrimonio culturale italiano derive approdi 2021
Intervento della Cub alla iniziativa di Mi riconosci del 30 Marzo 2022 a Pisa
Da anni sosteniamo la campagna, andrebbe definita con il suo nome, battaglia, di Mi riconosci, consapevoli di essere dalla parte giusta, per valorizzare i titoli di studio indispensabili per accedere ad una professione ancora disconosciuta e svalorizzata: i beni culturali.
Non si tratta di una iniziativa elitaria o di mera valorizzazione dei titoli di studio nel settore, siamo in presenza di una campagna che dura da anni e ha evidenziato le innumerevoli contraddizioni legate al mondo del lavoro e al riconoscimento di alcune professionalità che non trovano ancora spazio negli ordinamenti degli enti locali o della Pubblica amministrazione.
Mi riconosci è ancora oggi attiva perchè ha saputo rispondere a un bisogno diffuso, quello di migliaia di precari\e che da anni operano nell'ombra, nel diffuso e disconosciuto precariato intellettuale, negli appalti sovente al ribasso, con salari bassi e contratti nazionali che non hanno mai riconosciuto la professionalità acquisita.
E' paradossale l'ignavia sindacale, non troviamo altro termine per descrivere la miopia con la quale il sindacato abbia compreso con grave ritardo la necessità di rivendicare e difendere alcune istanze.
Oggi il mondo degli appalti è così variegato da mettere insieme lavori ad elevata professionalità, con titoli di studio che vanno dalla laurea al master, e una forza lavoro con bassa scolarizzazione e paga oraria inferiore a quella che dovrebbe essere garantita da un salario minimo se questa legge non fosse stata avversata trasversalmente dalla politica e dallo stesso movimento sindacale, eccetto fatta per alcune realtà.
Non si tratta di discernere tra un archeologo e una addetta alle pulizie, tra una bibliotecaria o un archivista e personale delle mense, parliamo di variegate figure dentro quel mondo esternalizzato negli appalti che raccoglie pluralità incredibili di professioni e variegate condizioni di vita.
Le esternalizzazioni dei servizi sono state incrementate nei 40 anni di neoliberismo in nome del contenimento della spesa che ha prodotto la riduzione dei costi del lavoro mortificando professionalità e costruendo una miriade di accordi al ribasso, molti dei quali attraverso non solo i contratti pirata ma anche contratti siglati dalle organizzazioni cosiddette rappresentative.
La lotta del collettivo di fabbrica Gkn ha avuto ampi riconoscimenti e insegna che le delocalizzazioni sono il prodotto di politiche errate che mirano solo al contenimento del costo del lavoro lasciando lavoratori e lavoratrici in balia delle oscillazioni dei listini di borsa.
Ma al contempo è innegabile che da una parte occorra una lotta serrata alle esternalizzazioni e dall'altra anche il riconoscimento delle professionalità acquisite stabilendo un passaggio diretto tra titoli di studio e professioni.
Non è questa una battaglia corporativa che mira a dividere il laureato da chi sia in possesso di titoli di studio inferiori, al contrario è una battaglia di avanguardia, e non di retroguardia, perchè mira al riconoscimento dello stretto legame che unisce le professioni a percorsi di studio e di specializzazione.
Da anni si dice che uno dei problemi dell'Italia è legato all'elevato costo del lavoro, nulla di piu' falso e a dirlo è il Fmi non certo noi. Il ritardo del nostro paese è legato alla inadeguata formazione, nella Pa in 12 anni hanno tagliato il 40 per cento dei fondi destinato a questa voce, alla incapacità del mercato di lavoro di riconoscere e valorizzare le professionalità acquisite attraverso percorsi di studio e di ricerca. Il mancato riconoscimento non è solo questione economica per abbassare il costo del lavoro ma anche il frutto avvelenato di un mercato del lavoro asfittico e timoroso di valorizzare figure professionali che stridono con le dinamiche ricorrenti dell'offerta economica più vantaggiosa.
Figure professionali come i bibliotecari sono ancora disconosciute nella Pa, basti vedere quante assunzioni avvengano nelle funzioni locali o in quelle centrali per queste figure consegnando la cultura ad una sorta di ghetto. Anzi il Pnrr prevede che certi settori siano destinati alle esternalizzazioni perchè il pubblico deve essere riorganizzato secondo i desiderata delle imprese distinguendo tra attività strategiche e non. Ma è proprio la nozione di strategicità a dovere essere contestata e rigettata.
Non è una battaglia elitaria o corporativa rivendicare adeguati requisiti professionali per lo svolgimento di determinate mansioni, requisiti professionali equi ed idonei dovrebbero essere parte integrante di quella valorizzazione del lavoro pubblico e privato oggi piegato da contratti nazionali al ribasso che fanno perdere potere di acquisto e di contrattazione ma al contempo non rendono giustizia alle professioni e alle reali mansioni svolte.
E attenzione: i ritardi non sono solo del settore pubblico ma anche del privato, delle associazioni datoriali e dei sindacati che sovente derogano dai contratti nazionali e chiudono le porte ad un arricchimento dei contratti stessi che non può prescindere dal riconoscere le figure professionali ignorate dalla Legge Madia e dalla legislazione vigente.
Se oggi la cultura viene ghettizzata o relegata a eventi business o funzionali alla visibilità della politica dovremmo chiederci da dove siamo partiti per arrivare alla odierna ignavia,
Non si tratta di accusare l'egualitarismo o la pretesa universale della rappresentanza sindacale, cedere alle lusinghe corporative o alle logiche dei mestieri, dovremmo invece comprendere come la svalorizzazione del lavoro e delle professionalità sia il prodotto di una visione miope dettata dai processi di privatizzazione e dalla costante e onnivora ricerca del minor costo del lavoro.
Ma al contempo bisogna anche prendere atto che esistono degli ostacoli oggettivi alla formazione, agli investimenti pubblici, al riconoscimento dei titoli di studio per accedere a determinate professioni, questo processo non è solo frutto delle privatizzazioni ma anche di una cultura sindacale che per anni ha guardato con sospetto a certe istanze pretendendo di rappresentarle senza comprenderne la portata, i contenuti e le prospettive.
Mi riconosci parte dagli uomini e dalle donne, dai lavoratori e dalle lavoratrici e non dalle professioni, inizia il proprio percorso dalle storie diffuse di precariato ed emarginazione di figure vilipese e guardate con sospetto anche dai colleghi del lavoro forse ostaggio di una visione stereotipata e condizionata dal virus letale della competitività, della lotta di tutti contro tutti.
Imbattersi in precari che non vogliono riconoscimenti formali ma rivendicano invece criteri ben definiti per svolgere alcune professioni, non si fermano al titolo di studio ma guardano alla qualità e alla sostanza sulle quali ogni professione dovrebbe poggiarsi.
Una battaglia d'avanguardia che rompe la gabbia della falsa meritocrazia utilizzata nella Pa solo per divedere la forza lavoro rendendola ostaggio della valutazione dirigenziale, non siamo davanti alla rivendicazione dei meriti ma al riconoscimento effettivo di percorsi lavorativi, formativi e di studio che dovrebbero essere basilari e determinanti per l'accesso a determinate professioni.
Se avessimo prima compreso e poi accettato la sfida di Mi Riconosci oggi avremmo un mondo lavorativo di qualità, saremmo avanti anni luce dalla idea del volontariato che ormai imperversa in tanti ambiti e si pretende possa sostituire una forza lavoro formata e contrattualizzata.
Un po' come accaduto nelle attività socio sanitarie con la sostituzione di personale contrattualizzato con il terzo settore inquadrato attraverso contratti da fame dentro i quali le professionalità non sono mai riconosciute e adeguatamente retribuite.
La campagna di Mi riconosci dovrebbe essere fonte di insegnamento anche per altre professioni, la risposta a quanti pensano che un lavoratore formato e contrattualizzato sia scambiabile con un appassionato volontario, in altri termini la contrapposizione tra lavoro gratuito o a basso costo e il lavoro adeguatamente contrattualizzato e retribuito non prima di avere riconosciuto la specificità di determinate professioni che non si improvvisano ma sono risultato di lunghi percorsi formativi
Per queste ragioni serve un cambio di passo anche da parte sindacale, non è sufficiente il riconoscimento formale delle istanze di Mi riconosci nè attingere da questi ambiti per trovare qualche funzionario sindacale da spendere in altri ambiti. Urge acquisire la consapevolezza che lo stesso sindacato ha interiorizzato per anni i processi di esternalizzazione, ha sottovalutato la formazione e per salvarsi in zona cesarini, per usare un termine calcistico, ha ceduto al ricatto Governativo costruendo aree di elevate professionalità nella Pubblica amministrazione che rispondono solo ai dettami padronali e della Ue (si veda il Pnrr) senza guardare a tutto il mondo del lavoro, alla adeguata corrispondenza tra professioni e percorsi di studio e di ricerca.
Senza questa consapevolezza e senza una effettiva autocritica si finisce con l'accettare supinamente il lavoro gratuito, le logiche delle esternalizzazioni e al contempo si dimentica di bandire concorsi per determinate professioni nella Pa e nel settore privato.
per saperne di piu' della iniziativa
https://www.miriconosci.it/event/oltre-la-grande-bellezza-workshop-pisa/
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