Disastro ambientale di Teulada
Disastro ambientale
di Teulada: ancora una volta omertà di stato
Dialogo di Laura Tussi con
Mariella Setzu
Di nuovo assoluzione per gli imputati di disastro ambientale nel poligono militare di Teulada, Sardegna sud occidentale, impiantato negli anni 50, secondo come grandezza rispetto agli altri poligoni a fuoco presenti in Sardegna (e in Europa). Ne parliamo con Mariella Setzu dell' Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Processo per il disastro ambientale del poligono militare
di Teulada: il sipario si chiude giovedì 18 luglio con un’assoluzione con
formula piena per i cinque capi di stato maggiore (diventati quattro con il
suicidio nel mese scorso di uno di questi, Claudio Graziano) imputati per le
responsabilità esercitate in un arco di tempo tra il 2008 e il 2014 (anche se
le indagini della procura di Cagliari arrivavano sino al 2016).
Molti comitati e
associazioni si sono schierati contro questa ingiustizia provocata dalla
militarizzazione della Sardegna
“Sul disastro ambientale omertà di stato” dichiarava uno
striscione portato dal comitato A Foras presente per il presidio indetto
durante l’udienza, insieme ad altri comitati tra cui il Cagliari
Socialforum, le Madri contro
l’operazione Lince, i Disarmisti esigenti, l’Osservatorio contro la
militarizzazione delle scuole e delle università, sindacati di base, vari
studenti medi, il Comitato di solidarietà con la Palestina, il comitato
Gettiamo le basi, che si è costituito parte civile insieme alle associazioni
ambientaliste Legambiente, Gruppo d’intervento giuridico, e alla Regione
Sardegna.
Anche un recente ricorso al TAR si è chiuso
con un nulla di fatto
Il ricorso al TAR è stato portato dal Gruppo di
intervento giuridico insieme al comitato A Foras, al Movimento non violento
Sardegna, e Assotziu Consumadoris Sardigna, contro il ciclo di esercitazioni
nei poligoni militari di Capo Frasca e di Teulada del I semestre 2024. I
ricorrenti avevano sostenuto che in assenza della procedura di Valutazione di
incidenza ambientale (V.Inc.A.) lo svolgimento delle esercitazioni non era
ammissibile, e pertanto chiedevano l’istanza cautelare, respinta dal TAR che ha
ritenuto “predominante” l’esigenza di portare a termine le esercitazioni.
La Sardegna sembra
sacrificata alla militarizzazione e alle esercitazioni di guerra più pericolose,
malgrado molte zone siano di grande pregio ambientale
In Sardegna, per vergognoso paradosso, luoghi di grande importanza
naturalistica diventano aree di bombardamenti, esplosioni, raffiche di tiri;
nel poligono di Teulada ci sono siti di interesse comunitario (SIC) che
dovrebbero godere di tutele: le dune di Porto Pino, l’Isola Rossa, Capo
Teulada.
Capo Teulada è
profondamente sfregiato da devastanti esercitazioni a fuoco
Quest’ultimo, denominato dai militari “penisola Delta” (4
chilometri quadri), segna l’estrema punta meridionale della Sardegna, ed è
stato designato Zona speciale di conservazione (ZSC), ma è devastato da
esercitazioni a fuoco che hanno ridotto il suolo ad una distesa di crateri
ingombri di relitti militari. Tra gli armamenti utilizzati anche i famigerati
missili M.I.L.An, con tracciante al torio che ha sparso radioattività
nell’ambiente.
A Teulada e in altri luoghi della Sardegna si muore di
inquinamento bellico per le costanti simulazioni di guerra
L’inquinamento militare penetra nel suolo, nelle acque, e
si spande nell’aria, con pesanti conseguenze sulla salute delle persone.
Infatti leucemie, linfomi, tumori sono stati diagnosticati su militari che
hanno prestato servizio nel poligono e su civili residenti in prossimità del
poligono. Sono i residenti che nel 2012 hanno sporto denuncia. Da qui è
scaturita l’inchiesta della procura di Cagliari durata sette anni che ha
riportato dati allarmanti: tra il 2008 e il 2016 sono stati sparati, solo nella
penisola Delta, 11.875 missili, 860mila colpi di addestramento, pari a 556
tonnellate di materiale bellico, al punto che nel 2018 la penisola è stata
dichiarata “zona interdetta”, vietata ad ulteriori esercitazioni. Il Comando militare della Sardegna alla fine
dell’anno scorso ha presentato un progetto di bonifica che è stato però
criticato per la mancanza delle necessarie valutazioni sugli interventi da
compiere. La finalità non sembra infatti un serio ripristino del
territorio ma, come del resto dichiarato nel progetto, la ripresa delle
esercitazioni.
Come riassumere in breve la vicenda di questo processo
chiuso con la sentenza del 18 luglio ?
Dopo sette anni di indagini che portano a verità
agghiaccianti, il Pm Emanuele Secci chiede l’archiviazione: questa viene negata
dalla Gip Alessandra Tedde che chiedeva invece l’imputazione coatta. In fase di
udienza preliminare di nuovo il Pm Secci ha chiesto il non luogo a procedere, ma
il giudice Giuseppe Pintori ordinava invece il rinvio a giudizio. Durante il
processo il Pm Secci ha di nuovo chiesto il proscioglimento dei generali in
sintonia con l’Avvocatura generale, la quale ha sostenuto che, nel periodo dei
fatti contestati, non fossero in vigore le disposizioni del decreto del
ministero della Difesa del 2009 che prevedeva una serie di procedure per il
recupero e lo smaltimento dei materiali usati nelle esercitazioni militari e la
bonifica dei siti. Risultato: proscioglimento degli imputati.
Quindi un’altra assoluzione generalizzata dopo quella per
il disastro ambientale del Poligono Interforze del Salto di Quirra del novembre
2021
Di nuovo come al processo per i disastri del poligono di
Quirra, i tribunali non riescono a trovare responsabili per devastazioni e
forme di inquinamento militare che compromettono l’ambiente in modo crescente.
Davanti a malattie e decessi le amministrazioni evitano accuratamente di
indagare più a fondo (mai istituito ad esempio un registro tumori per il quale
ci sono richieste pressanti) e così il nesso causale tra inquinamento militare
e malattie può essere negato, come questa volta al processo contro i responsabili
del poligono di Teulada, in cui l’ipotesi di omicidio colposo era stata quasi
subito stralciata e archiviata per l’impossibilità di dimostrare, secondo il
Pm, il nesso causale tra decessi e attività del poligono.
E’ chiaro che lo
Stato non intende farsi dichiarare colpevole da un suo tribunale. Invece non ha
remore nel perseguire gli attivisti e le attiviste che lottano contro le basi
militari e perché sia riconosciuta la verità su ciò che queste comportano
Infatti
in seguito all’operazione di polizia “Lince”, una quarantina di
antimilitaristi/e hanno subito il rinvio a giudizio per reati che arrivano sino
all’associazione con finalità di terrorismo, accuse gravi quanto prive di
fondamento. Intanto a loro carico rimane una “pendenza giudiziaria” che può
condizionare il futuro, perché non potranno partecipare a concorsi pubblici,
entrare nel pubblico impiego, ottenere finanziamenti o contributi. Mentre chi
sparge devastazione e inquinamento militare compromettendo fatalmente
l’ambiente e la salute della popolazione rimane impunito, e anzi ottiene un
incoraggiamento dall’alto a continuare nell’operato criminale. Crimini di
stato, davanti ai quali la Sardegna è soggetta ad una forma di schiavitù
militare che è in tutti i modi da respingere, anche in nome dell’art. 11 della
Costituzione.
Mariella
Setzu, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
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