Mancati rinnovi contrattuali nel Pubblico Impiego: è solo questione di numeri?
Mancati rinnovi contrattuali nel Pubblico Impiego: è solo questione di numeri?
Proseguono, ad
insaputa dei dipendenti, le trattative per i rinnovi contrattuali. La forza
lavoro sarà chiamata a ratificare decisioni già assunte.
Il Governo propone
aumenti inferiori a un terzo della inflazione
Non è solo un
problema di democrazia, le piattaforme presentate e votate dagli iscritti al
sindacato rappresentativo sono ben diverse dai testi poi sottoscritti.
Una mera formalità o, se preferiamo essere intellettualmente onesti, la solita
farsa pseudo democratica di consultazione della forza lavoro lasciandola
totalmente all'oscuro nell'evolversi delle trattative, informata con scarni
comunicati o mobilitata, si fa per dire, nei momenti critici della trattativa
per mettere fretta al Governo nel siglare accordi poi rivendicati come grandi
vittorie.
I contrasti ai tavoli
dei rinnovi contrattuali sono or dunque reali o parte di quella farsa
democratica? E le parti quanto sono distanti dalla firma e soprattutto su quale
testo convergeranno?
Sembra che i ritardi
siano legati alla posizione del Governo o, meglio, dall’Aran, l’agenzia
governativa che si occupa della contrattazione per i dipendenti pubblici, per
il quale gli aumenti previsti restano ancorati al s5,78 per il triennio che va
dal 2022 al 2024.
Detto in altri
termini parliamo di contratti siglati al momento della loro scadenza, la forza
lavoro intanto deve accontentarsi di una dozzina di euro di indennità mensile
di vacanza contrattuale ma queste somme saranno poi detratte dal complessivo
ammontare degli aumenti.
Il modello
contrattuale voluto da Cgil Cisl Uil è causa della perdita del potere di
acquisto e di contrattazione, prova ne sia la miseria della indennità di
vacanza contrattuale, i ritardi cronici dei rinnovi, il potenziamento del
welfare aziendale e di sanità e previdenza integrativa proprio quando la sanità
e l'istruzione pubblica vanno letteralmente a picco.
Ma restiamo ai numeri, la percentuale di aumenti proposta del Governo è pari a
un terzo, anzi meno, della inflazione, perfino inferiore a una cifra che
scaturirebbe dalla applicazione del codice Ipca (anche questo voluto dalla Ue e
ben accolto dal sindacati rappresentativi) che sappiamo essere del tutto
inadeguato a recuperare, con i rinnovi contrattuali, il potere di acquisto
perduto in rapporto ai reali costi della vita.
Stando a quello che
la Cgil asserisce, ma senza mai rimettere in discussione il codice Ipca, gli
aumenti erogabili, per adeguare i salari al reale costo della vita, dovrebbero
prevedere incrementi del 17 per cento.
Ma cosa fa la
Cgil (sorvoliamo su Cisl e Uil)? Media per portare a casa qualche briciola in
più, non mobilita i lavoratori e le lavoratrici ma soprattutto non spende
parola sulle proposte del Governo che vanno a depotenziare l'effettivo potere
di contrattazione.
Perché non esiste in
un contratto solo la parte economica ma anche quella normativa e gli ultimi
CCNL hanno introdotto norme veramente discutibili
La
forza lavoro nella PA (pubblica amministrazione)
Oggi ci sono circa 3
milioni di dipendenti della PA, nell'arco di 25 anni abbiamo perso circa 500
mila dipendenti, la lenta e progressiva erosione degli organici coincide con il
depotenziamento della sanità e i processi di esternalizzazione di innumerevoli
servizi, del resto all'ombra del PNRR già il Governo Draghi faceva intendere
che la PA avrebbe dovuto rinunciare a gestire direttamente alcuni servizi
Tra i comparti in cui
la PA è suddivisa esistono poi forti sperequazioni salariali a conferma di un
impianto contrattuale sbagliato in partenza. Un dipendente degli enti locali
guadagna anche 300 euro in meno di un ministeriale a parità di livello, la differenza
aumenta se guardiamo ai benefit derivanti dalla contrattazione di secondo
livello, se poi confrontiamo i salari italiani con quelli europei la disparità
di trattamento diventa macroscopica.
E intanto il dissesto
pilotato del Servizio Sanitario Nazionale grida vendetta, ormai si affidano
servizi a cooperative e interinali oltre alle assunzioni straordinarie a tempo
determinato per il PNRR o alla facoltà delle amministrazioni di avvalersi di
professionisti esterni (per questo ci ritroveremo sempre più numerosi Ordini ai
quali sarà obbligatorio iscriversi e a
proprie spese)
Nelle settimane
scorse il ministro della PA parlava di attrattività del servizio pubblico e di
recuperare da qui a 7\8 anni quel milione di dipendenti che andranno in
pensione. Ma al netto delle chiacchere non si intravedono all'orizzonte
decisioni che prevedano ad esempio la rimozione dei tetti di spesa in materia
di personale o salari dignitosi per favorire una autentica leva assunzionale
Ci pare
evidente la volontà del Governo di ridurre il peso numerico del personale della
Pa, decretare la perdita di potere di acquisto salariale per finanziare i tagli
al cuneo fiscale e gli sgravi alle imprese e alla fine favorire i processi di
privatizzazione
Che fare?
Rispetto a questa situazione cosa intende fare la Cgil ma soprattutto la forza lavoro della PA?
Le preoccupazioni
della Cgil non sono solo indirizzate alla tenuta salariale, a dirla tutta
sarebbero maturi i tempi per rigettare il codice Ipca ma questo determinerebbe
la rottura con Cisl ed Uil e la fine di quel lungo inverno della concertazione
da cui i rappresentativi non intendono uscire.
Non aiuta una
divisione in compartimenti stagni delle trattative, volutamente non si mettono
insieme i lavoratori pubblici proprio per salvaguardare orti e orticelli e
quindi le attuali disparità retributive.
È evidente che questa
situazione abbia portato anche alla svalorizzazione, a dir poco, del contratto
nazionale attraverso continui rinvii alla contrattazione di secondo livello ma
se leggiamo gli ultimi CCNL si capisce che tutto il sindacato firmatario ha
avallato queste scelte.
I contratti nazionali
acuiscono le disparità salariali, danno forza a organismi che delegittimano le
Rsu piegandole ai voleri dei sindacati firmatari, introducono gli Ordini
professionali, un modello di contrattazione perdente e una logica meritocratica
che mette le mani in tasca alla forza lavoro depredandola di risorse che
dovrebbero spettarle per diritto.
Non basta allora criticare il Governo per una gestione proprietaria dello Stato quando non si muove foglia contro i processi in atto, si divide la forza lavoro e ci si muove secondo logiche vecchie e superate , con un sistema di regole destinato a produrre miseria salariale ed erosione del potere di acquisto e di contrattazione oltre a determinare processi di privatizzazione che rispondono ai dettami neo liberisti dello Stato leggero.
E' ormai in crisi irreversibile la modalità di un sindacato che divide la forza lavoro a seconda dei comparti, che giustifica il sistema degli appalti e dell'austerità salariale. Ma è anche finito il tempo in cui un lavoro pubblico offriva dignità salariale e contrattuale, la certezza del posto e basterebbe vedere la lunga sequela di codici etici e comportamentali con i quali si potranno colpire, come ai tempi del covid, delegati e lavoratori combattivi. Il modello di riferimento per il Pubblico è quello degli appalti, non importa la modalità gestionale dei servizio o il datore di lavoro se l'obiettivo da perseguire è quello della minore spesa.
E questo è solo
l'antipasto di quanto avverrà con l'autonomia differenziata.
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