La guerra non conviene alla traballante economia Ue Ma la sudditanza alla Nato e agli Usa spinge il vecchio continente all’autodissoluzione
La
guerra non conviene alla traballante economia Ue
Ma
la sudditanza alla Nato e agli Usa spinge il vecchio continente all’autodissoluzione
La
distruzione di Nord Stream, l’embargo alla Russia avevano tra gli obiettivi il
controllo delle vie energetiche e i processi speculativi sui prezzi con
ripercussioni immediate e negative sull’economia Ue.
A
seguito dell’incursione ucraina in territorio russo, con l’indispensabile
supporto diretto di Usa e Nato, il prezzo del Gas è nuovamente cresciuto
come avvenuto nel recente passato, solo nell’ ottobre scorso gli aumenti
erano stati del 7% dopo l’impennata, ben più consistente, dei prezzi del 2022.
Il
presidente di Nomisma energia, in un’intervista al quotidiano La Verità, spiega
in estrema sintesi la situazione: L’Italia paga 40 euro a megawattora, gli
Usa solo 7″.
Gli
obiettivi della incursione ucraina non erano solo quelli di sabotare un
eventuale accordo per il cessate a fuoco ma favorire il rincaro dei prezzi del
gas a beneficio degli Usa prova ne sia che l’avanzata è stata dal punto di
vista militare un semi fallimento ma sono riusciti a controllare la stazione di
Sudzha di quel gasdotto che trasporta il gas russo in Europa per oltre 40 milioni
di metri cubi di gas al giorno.
Da
evidenziare che la metà della produzione elettrica italiana dipende
direttamente dal Gas, un probabile ed eventuale rincaro dei prezzi avrebbe
immediate ripercussioni sulla tenuta dei conti economici.
Le
dichiarazioni del presidente Nomisma possono essere dettate dalla necessità di
parte del capitalismo italiano di mettere in cattiva luce la transizione verde sminuendone
l’apporto energetico ma resta il fatto che questo attacco alla fine favorisce l’economia
statunitense a mero discapito di quella del vecchio continente. Teniamo conto
che dallo scoppio del conflitto in Ucraina l’offerta di gas russo al vecchio
continente è stata ridotta ai minimi termini ma il costo dello stesso accresciuto
a dismisura mettendo in ginocchio la produzione industriale italiana e tedesca
in particolar modo
Alla
luce di queste considerazioni possiamo asserire che la guerra alimenta la crisi
dell’economia europea come si evince dal calo delle esportazioni renane del 3,4%
in meno di un anno con una leggera crescita delle importazioni in un quadro
economico in fase recessiva con una carenza sempre maggiore degli ordini all’industria
tedesca.
E
lo scontro tra due grandi lobby, quella del fossile e il cosiddetto green, è sempre
più forte per l’approvigionamento energetico.
Gli
Usa stanno scaricando l’onere della guerra nell’est sui paesi Ue, la
manifattura tedesca, traino di quella europea, è in una situazione di crescente
difficoltà, le spese militari in continua crescita disimpegnando innumerevoli
investimenti in ambito sociale (con una crisi economica che porta consensi alle
forze politiche di estrema destra)
Un
altro aspetto dirimente viene rappresentato dalle missioni militari all’estero
di paesi europei aderenti alla Nato in funzione della guerra totale scatenata
dagli Usa e dalla Alleanza Atlantica per il controllo di paesi dai quali
arrivano importanti risorse per la svolta green dell’economia.
Prova ne sia la
missione italiana in Mali che ha richiesto il finanziamento di quasi 50 milioni
di euro solo nel 2021 con il dispiegamento di truppe e di mezzi terrestri, 6 elicotteri
e una non meglio precisata logistica militare.
Ma pochi analisti
hanno evidenziato che proprio in questa area del continente africano gli Usa
hanno scatenato una guerra per procura che vede direttamente coinvolti contractors
occidentali e soldati ucraini per contenere l’avanzata russa o meglio una
presenza che nel corso degli anni è andata rafforzandosi con accordi di
cooperazione di natura non solo militare ma economica.
La Nato mira
direttamente al controllo dei prodotti del sottosuolo di questo grande stato
africano, il Mali è tra i principali produttori di oro del continente, dispone
di grandi risorse naturali quali ferro, uranio, manganese, litio e calcare.
E la presenza dell’intelligence
statunitense ed ucraino si va allargando ad altri paesi africani, ad esempio il
Sudan, soffiando sui venti dei conflitti interni dopo avere foraggiato la
nascita di milizie regionali nazionaliste che poi abbiamo scoperto essere alle
dirette dipendenze delle multinazionali occidentali
Alla luce di queste
scarne considerazioni possiamo asserire che a non volere la fine della guerra
in Ucraina è proprio la Nato che si porta dietro paesi, ad esempio l’Italia,
che tutto hanno da perdere in termini economici, dal perdurare del conflitto
nell’est europeo.
E tornano in gioco le
missioni all’estero che non risultano nella voce della spesa militare
complessiva ma restano un impegno economico rilevante rappresentando al contempo uno strumento nevralgico per il
controllo delle vie energetiche sotto l’egida delle multinazionali, della Nato
e degli Usa che con sempre maggiore forza sostengono un allargamento del conflitto in
ogni area del Globo.
Tabarelli
(Nomisma): “L’Italia paga il gas 40 euro al megawattora, gli USA 7” – Analisi
Difesa
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