RIDUZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO: IN CHE DIREZIONE SI STA PROCEDENDO?
RIDUZIONE DELL’ORARIO DI
LAVORO: IN CHE DIREZIONE SI STA PROCEDENDO?
E. Gentili e F. Giusti
Da qualche
anno a questa parte in Europa si sta diffondendo l’idea di ridurre l’orario
lavorativo, a patto che si rimanga produttivi quanto prima (ma in meno tempo) e
che venga mantenuto lo stesso salario. Secondo gli imprenditori il maggior
tempo libero indurrebbe i lavoratori ad aumentare spontaneamente i ritmi di
lavoro, consentendo loro di sostenere velocità aumentate.
Sappiamo,
però, che i ritmi aumentano soprattutto a causa dell’impiego di sistemi di
organizzazione e controllo dei dipendenti (generalmente di tipo tecnologico) e
che quindi un nuovo aumento dei ritmi verrebbe quantificato e applicato “a
monte” dall’imprenditore, anziché essere diretta conseguenza degli aumentati
sforzi del lavoratore.
Sappiamo
anche che la settimana corta concede numerosi vantaggi alle imprese:
l’implementazione delle infrastrutture aziendali e dei meccanismi di controllo
sulla forza-lavoro, necessari (entrambi) per sostenere ritmi lavorativi più
alti; un sistema di turni più vario e articolato che tenda a far scomparire le
maggiorazioni salariali (festivi, notturni e straordinari); maggior impiego di
lavoratori precari per gestire le volatilità del mercato.
Tuttavia
sarebbe profondamente sbagliato ignorare le urgenze dei lavoratori di avere
maggior tempo libero, anche ipotizzando (come in questo caso) un “effetto-boomerang”
negativo nel medio periodo. Di conseguenza una battaglia per la consapevolezza e la cultura politica è
l’unica scelta che abbiamo, nel tentativo di rendere i lavoratori
vigili (anche in riferimento ai propri sindacati) e in grado di ingaggiare
uno scontro sul piano della regolazione della riduzione oraria»[1],
a tutela della stabilità contrattuale del lavoro e delle maggiorazioni
salariali, dell’intensità dei ritmi, della regolarità d’orario e via dicendo.
Le tre proposte di legge sulla riduzione oraria[2],
presentate da Fratoianni, Conte e Schlein, confermano i nostri timori: tutte e
tre fanno leva sull’aumento della produttività, l’estensione del tempo di
attività dell’impianto e un solido impianto di sgravi e/o incentivi per le
aziende.
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