Il decreto 24 riscrive il capitolo smart working ..ma i problemi restano insoluti

Volenti o non volenti la modalità del lavoro agile continuerà a far discutere magari in termini strumentali per favorire le gabbie salariali e processi di riorganizzazione capitalistica del lavoro, per aumentare i carichi di lavoro e lavorare nell'ottica di stravolgere contratti nazionali e profili professionali esistenti. Resta comunque paradossale che si vada rafforzando lo smart nella Pa senza porsi l'obiettivo di riorganizzare i servizi al cittadino e cosi' facendo si alimenta  un clima di intolleranza verso i lavoratori pubblici da parte di cittadini esasperati per la inaccessibilità a tanti servizi

Il nuovo decreto legge estende  al 31 dicembre 2020 lo smart e stabilisce a tavolino percentuali della forza lavoro da impiegare con il lavoro a distanza. 

Di certo la vecchia e iniziale distinzione tra  servizi differibili ed indifferibili è andata via via perdendosi con tanti lavoratori in smart ormai per metà settimana in presenza fisica nei luoghi di lavoro. Non esistono ad oggi dati sull'utilizzo dell'art 87 del decreto Cura Italia che permetteva di lasciare a casa quei lavoratori dei servizi differibili non utilizzabili in altro modo, un articolo usato ben poco senza per altro ripensare e riorganizzare , da parte dei dirigenti, i servizi pubblici e la modalità di organizzazione e gestione degli stessi.

Il lavoro agile ora dovrebbe riguardare almeno il 60% dei dipendenti impiegabile con modalità smart senza per altro potenziare il sistema di collegamenti, senza dotare il personale di strumenti informatici pubblici, senza avere favorito l'accesso  da casa a reti e banche  dati. 

In assenza di questi interventi ha forse senso parlare di efficacia e efficienza dell’azione amministrativa? Noi francamente pensiamo di no, anzi sovente la forza lavoro in smart deve far fronte alle inefficienze della macchina organizzativa al pari dei colleghi e delle colleghe costretti\e ad operare in presenza.

 Quali saranno allora gli interventi pubblici  reali, al di là delle dichiarazioni di intenti, per rafforzare il  lavoro agile? Quali saranno i criteri adottati e soprattutto questi indirizzi saranno condivisi con rsu e lavoratori\trici o scaricati su di loro come accaduto con le decisioni, per noi arbitrarie, di tanti Enti che non hanno corrisposto indennità e buoni pasto?

Per tutte queste ragioni continuiamo a sostenere la tesi che la Pubblica amministrazione non voglia affrontare i nodi salienti legati alla riorganizzazione degli uffici e dei servizi, non voglia ad esempio investire in sicurezza riorganizzando gli uffici e i luoghi di lavoro e tenda, al contempo, a favorire rapporti di lavoro improntati a una crescente subordinazione telematica dividendo lavoratori in smart e in presenza. E dividere i lavoratori significa alla lunga renderli sempre piu' passivi e subordinati

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