Teoria e pratica: appunti in vista del prossimo autunno

Il prossimo autunno in teoria dovrebbe determinare l'esplosione del conflitto nei luoghi di lavoro e nelle realtà sociali, non è detto che cio' che accada e molto dipenderà dalle decisioni del Governo e dalle scelte dei sindacati complici.
 
La debolezza e frammentazione dei sindacati di base e delle realtà conflittuali sconta anche l'acuirsi dei fenomeni repressivi e la contrazione degli spazi di libertà e democrazia con il potenziamento dei meccanismi repressivi.
 
Da parte nostra vorremmo richiamare l'attenzione su alcune questioni, di metodo e di merito, per non incorrere negli errori del passato.
 
In prima istanza il rapporto tra teoria e prassi, le contraddizioni si colgono stando dentro il movimento reale, per decenni chi ha pensato di costruire una teoria articolata per spingere il proletariato ad azioni coerenti ha finito con l'assumere atteggiamenti scolastici e di superiorità, dettare linee dall'alto e sovente estranee al sentire comune e mal viste perfino dai nostri stessi interlocutori e punti di riferimento. La coscienza di classe scaturisce dal conflitto, il nostro compito è quello di leggere la realtà senza sovrastrutture ideologiche, assumere posizioni corrette e non arrendevoli senza mai perdere di vista i rapporti reali. L'avventurismo in certi settori ha portato alle piu' colossali sconfitte, la sostanziale estraneità del pensiero strategico ha prodotto abbagli o arretramenti.
 
Serve un pensiero non precostituito , non sono utili dogmi ideologici, abbiamo invece bisogno di mappe cognitive, qualunque pensiero se vuole essere strategico e conflittuale dovrà scaturire dall'interno delle contraddizioni reali. Ad esempio non si parla di lavoro se non siamo presenti nei luoghi della produzione, del terziario o dei servizi, si rischiano letture anche giuste ma inutilizzabili ai fini del conflitto.
 
Il pensiero strategico nasce dalle lotte e dal conflitto e non dai libri, i libri sono utili se ci caliamo nella realtà oggettiva senza pensare di sovradeterminarla.
 
Ad esempio alcuni sindacati continuano a pensare che lo sciopero sia la forma avanzata del conflitto, sciopero che spesso si riduce a manifestazioni rituali e per affermarsi deve superare le forche caudine della legge che regolamenta e ostacola il pieno esercizio del diritto di sciopero stesso. Lo sciopero da solo, se non accompagnato da blocchi e azioni incisive, non è piu' uno strumento adeguato all'attuale fase dello scontro, per questo i decreti sicurezza hanno punito con grande severità gli autori di blocchi e occupazioni determinando pene di anni del tutto inspiegabili agli occhi di un lettore disattento e dogmatico.
 
Alcune realtà hanno pensato allo sciopero sociale come forma di generalizzazione, un'altra forma che alla fine ha spostato il conflitto dai luoghi di lavoro alle realtà sociali
 
Negli ultimi anni si è studiato poco e male il rapporto tra produzione e circolazione delle merci, tra processi di ristrutturazione capitalista e le ricadute sul sociale, sulla dinamica stessa del lavoro nelle sue molteplici accezioni precarie.
 
Mentre qualcuno continua a rivendicare i contratti nazionali non ha capito che quel contratto , nel corso degli ultimi 20 anni, è stato svuotato di tante prerogative che alla fine hanno favorito il secondo livello di contrattazione con il potenziamento del welfare aziendale, della sanità privata e della previdenza integrativa.
 
Chi si erge a difesa del contratto nazionale ha fatto di tutto, proprio di tutto, per ridurne l'efficacia e la valenza.
 
Circolazione delle merci , logistica e subappalti sono in reltà il prodotto dei processi di riorganizzazione capitalistica degli ultimi 20 anni, il just in time non ha avuto effetti solo sulla produzione di fabbrica ma in tutto il settore lavorativo dei servizi, averlo relegato ad una semplice e diversa modalità di organizzazione del lavoro è stata una semplificazione funzionale a farne governare la gestione da parte del capitale.
 
Produzione snella, flessibilità, rivoluzione della logistica hanno prodotto conseguenze anche urbanistiche e nel tessuto sociale a ridosso degli hub e delle nuove industrie, è mancata una visione di insieme capace di analizzare tutti gli aspetti dei processi di riorganizzazione capitalista nell'epoca post fordista. Ci siamo invece soffermati su contraddizioni secondarie cercando di piegare la realtà in evoluzione a schemi ideologici, da qui nascono ad esempio le visioni del reddito di base contrapposto al lavoro, antitesi sviluppata in termini ideologici senza mai cogliere gli aspetti reali dei processi in atto.
 
Prendiamo ad esempio il welfare, basta pensare a come in Italia era stato concepito in una società assai diversa da quella attuale con le donne scarsamente impiegate e sovente in part time, uno stato sociale che si poggiava ancora sul ruolo delle donne nella cura di vecchi e giovani senza mai ripensare a un sistema di servizi adeguato alla realtà che ci circonda.
 
E in nome del cambiamento hanno attaccato ogni condizione di miglior favore, introdotto un sistema di calcolo della pensione svantaggioso con la scusa di volere favorire i giovani salvo poi condannarli a lustri di precarietà con il ricorso a contratti sfavorevoli, al tempo determinato e a tipologie lavorative \retributive ben poco dignitose.
 
Quanto accaduto nella logistica non è solo imprimere maggiore velocità nella circolazione delle merci con subappalti e fenomeni di sfruttamento, per raggiungere questi risultati hanno avuto bisogno anche di imporre regole e leggi per ridurre il potere contrattuale, l'esercizio del diritto di sciopero ricorrendo a meccanismi repressivi e alle logiche dei subappalti con cooperative che stanno diventando il terminale della nuova frontiera di sfruttamento.
 
Prendiamo ad esempio la modalità smart, dai sindacati la richiesta di disciplinarla dentro i contratti nazionali ignorando la ragione del lavoro agile tanto nel privato quanto nel pubblico impiego. Se si vuole operare dentro la Pa non possiamo che affrontare i nodi salienti che riguardano lo smart. la natura dei servizi pubblici, gli inquadramenti della forza lavoro e la filiera di appalti e subappalti.
 
Altro esempio calzante riguarda la sanità, auspicare il ritorno alla normalità sarebbe non solo fallimentare perchè quella sanità , solo in apparenza pubblica, non è stata capace di impedire 35 mila morti da Covid, falcidiata da anni di tagli, di privatizzazione e di ridimensionamenti dell'offerta sanitaria come dimostrato dall'aumento delle malattie professionali e dal progressivo indebolimento della medicina di base e preventiva
 
Manca allora non solo un pensiero strategico nel senso di un pensiero finalizzato a rovesciare lo stato delle cose presenti, questo pensiero scaturisce dai conflitti reali e non puo' essere calato dall'alto o essere prodotto di inchieste fatte a tavolino con soli dati statistici senza mai intrecciarsi con i soggetti reali.
 
Calarsi nelle contraddizioni reali significa innanzitutto viverle e di conseguenza da un pensiero critico potrà dipendere un agire concreto e rivoluzionario senza innamorarsi di schemi ideologici e di analisi a freddo.
 
Di questo e di molto altro parleremo a lungo per fare quel salto di qualità nell'analisi e nella pratica a lungo ritardato. I nostri sono solo appunti di lavoro e non dogmatici precetti.
 

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