Chiediamo salari dignitosi ma ci danno il welfare aziendale

A parole sembrerebbero tutti concordi, Governo, imprese e sindacati concordano sulla necessità di accrescere il potere di acquisto dei salari dopo i dati sulla inflazione di Marzo 2022 cresciuta del 6,5%, dopo i rincari energetici e dei prodotti agricoli provocati dalla Guerra.

L'erosione del potere di acquisto è evidente e vale per tutti i settori, pubblici e privati senza distinzione di sorta. 

Aumentando il costo della vita anche la dinamica salariale dovrebbe essere pensata per recuperare potere di acquisto ma il sistema con il quale si calcolano i rinnovi contrattuali non lo permette

Per quanto siano momentaneamente sospesi i parametri di Maastricht la dinamica salariale non deve crescere troppo e così ci ritroviamo con salari da fame.

All'orizzonte una intesa, l'ennesima al ribasso, tra le associazioni datoriali e i sindacati rappresentativi  che da settimane parlano di un accordo a tre (con il Governo) nel nome del welfare aziendale e del potenziamento del secondo livello di contrattazione.

Lo abbiamo scritto in più occasioni, non si pensa di rivedere il codice Ipca o di abbassare l'età pensionabile, la soluzione è quella di rendere ancora più flessibile il contratto nazionale e spostare le trattative sulla parte economica in azienda dove ci aspetta lo scambio diseguale, il baratto tra aumenti in busta paga e le misure del welfare aziendale.

Il Governo sarebbe anche disposto ad accordare aiuti alle imprese ma vorrebbe in cambio l'impegno delle stesse per accordare aumenti contrattuali al fine di recuperare parte del potere di acquisto perduto, soluzione subito respinta dal Confindustria che vorrebbe aiuti maggiori alle associazioni datoriali ma senza nulla dare in cambio. 

E se qualche briciola dovrà essere accordata ai lavoratori meglio scegliere il welfare aziendale che almeno è soggetto a detassazione o riducendo magari la spesa pubblica per finanziare con i proventi dei tagli la riduzione del costo del lavoro.

Una soluzione tipica del neoliberismo, si riducono le tasse alle imprese e in compenso se mancano soldi per i contributi previdenziali ci penserà  l'Inps, se poi si rivendicano aumenti salariali dovranno essere circoscritti e inferiori al potere di acquisto e con la solita merce di scambio: aumento della flessibilità e dei carichi di lavoro.

In questa sorta di piano inclinato il potere di acquisto dei salari e delle pensioni rischia di scivolare sempre più in basso accordando alle imprese innumerevoli favori che salveranno gli utili e i loro dividendi ma senza portare alcun beneficio alla classe lavoratrice.

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