Potere di acquisto dei salari in caduta libera

Meno di un mese fa, Marzo 2022, per l'Istat avevamo 39 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica che riguardano il 44,6% dei dipendenti – circa 5,5 milioni – e corrispondono al 45,7% del monte retributivo complessivo.

Sempre alla fine di Marzo 2022, erano 34 i contratti in attesa di rinnovo riguardanti il 55,4% della forza lavoro attiva.

I contratti vengono siglati in grave ritardo anzi nel corso degli anni la vacanza contrattuale, ossia il periodo tra la scadenza naturale e il rinnovo, si è allargata progressivamente: in media ormai i ccnl sono siglati con 2 anni e mezzo di ritardo 

I lavoratori e le lavoratrici senza contratto rinnovato sono la maggioranza della forza lavoro attiva, i tempi di attesa nell'arco di pochi anni sono passati a oltre 2 anni e mezzo, una trentina di mesi (in media) che alle imprese costano ben poco corrispondendo l'indennità di vacanza contrattuale corrispondente a una decina di euro al mese.

E' proprio questo meccanismo contrattuale (il calcolo degli aumenti con il codice Ipca, i vuoti contrattuali dilatati nel tempo e coperti da una indennità di pochi euro che confluiranno poi nei futuri aumenti) a sancire la perdita del potere di acquisto, ossia gli aumenti accordati sono inferiori all'effettivo aumento del costo della vita.

L'attuale sistema contrattuale è la causa della perdita di potere di acquisto salariale per non parlare poi delle disuguaglianze createsi tra comparti.

Ai fini meramente statistici la retribuzione oraria media cresce in un anno dello 0,6% ma se guardiamo al potere di acquisto si va indietro, non basta di certo l'aumento, irrisorio, dell'indice delle retribuzioni contrattuali orari dello 0,1% in un mese.

E gli aumenti poi oltre ad essere irrisori risultano anche diseguali, nei servizi privati e nella Pa praticamente nullo è stato  l'effetto del rinnovo contrattuale

per saperne di piu' si rinvia all'analisi Istat

Contratti collettivi e retribuzioni contrattuali - I trim 2022 (istat.it)