Nuova flat tax e i paradisi fiscali nostrani (e leghisti)

 

 

Nuova flat tax e i paradisi fiscali nostrani (e leghisti)

 

Ormai è abbastanza chiaro che la tradizionale lotta di classe di marxiana memoria ha assunto le forme, molto più modeste e civili, della lotta fiscale fra categorie di contribuenti. I più attivi in questa attività di perenne guerriglia fiscale a scapito delle finanze pubbliche sono i legisti di Salvini. La vorace, fiscalmente parlando, pattuglia legista è capitanata dall’ex-sindaco di Padova (trombato al secondo mandato per scarso rendimenti amministrativo) Massimo Bitonci. Dopo aver bloccato per meri interessi di parte la revisione del catasto dei fabbricati e dei terreni (l’ultima riforma sistematica è stata quella fascista degli anni Trenta), adesso la Lega di Salvini tenta il colpo grosso di portare a casa altri benefici fiscali per il suo perimetro elettorale di riferimento, il cosiddetto popolo delle partite Iva. L’idea malsana è quella di estendere la tassazione agevolata per gli autonomi introdotta nel 2019 a chi ha un fatturato fino ai 100.000 euro. Progetto bocciato dal secondo Governo Conte e ora riesumato. Ora questo privilegio fiscale lo godono solo i lavoratori autonomi fino alla soglia dei 65.000 euro di fatturato.

Forse è opportuno richiamare i termini della questione. Il primo governo Conte nel 2019 ha modificato la tassazione sul reddito degli lavoratori autonomi (professionisti, artigiani e piccoli imprenditori) prevedendo una tassazione IRPEF super agevolata. L’aliquota fiscale unica è stata fissata al 15% per cento del reddito, e quindi ben al di sotto della aliquota minima dell’IRPEF ordinaria che è del 23%. Inoltre, questi contribuenti sono stati esonerati anche da molte altre tasse minori. Non a caso la relazione ministeriale usa l’espressione di “regime fiscale di vantaggio”. La relazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha quantificato in circa 500 euro di tasse in meno al mese per un reddito di 40.000 euro. Se si pensa che la recente riforma delle aliquote ha portato un vantaggio fiscale di circa 900 euro all’anno per questa fascia di redditi, si ha subito la dimensione della abnorme ingiustizia fiscale. Tutti gli studiosi concordano sul fatto che questa tassa piatta solo per gli autonomi è iniqua, perché crea contribuenti A (gli autonomi che pagano poche tasse ) e di serie  B (i pensionati e lavoratori dipendenti che sono invece tartassati) ma anche  ampiamente anti-costituzionale. Si viola palesemente l’art. 53 che prevede un sistema tributario basato sul principio della capacità contributiva e sul principio della aliquota progressiva, chi ha di più deve pagare in proporzione di più. L’esatto contrario della tassazione di favore per gli autonomi.

Che cosa è successo con la flat tax clientelare a trazione leghista è documentato dalla analisi delle dichiarazioni dei redditi del 2019 del Ministero delle Finanze Il nuovo regime ha provocato una migrazione in massa degli autonomi ( professionisiti ed artigiani)  verso questo regime fiscale di privilegio, potremmo dire un paradiso fiscale di casa nostra. I soggetti ricadenti in esso sono diventati 1,6 milioni, con un incremento in un solo anno di ben 700.000 contribuenti. I lavoratori autonomi esclusi dal nuovo regime, in quanto sforavano i limiti di reddito, erano appena 470.000. Il valore medio del reddito dichiarato dal popolo fiscale al 15% è stato nel 2019 di 13.895 euro. Si tratta di un valore appena sopra la soglia di povertà che in Italia è di 1100 euro mensili per un nucleo familiare di due persone. Molto al di sotto anche del  reddito medio dei pensionati è risultato nel 2019 di 18.290. Ne consegue poi che l’imposta pagata è stata di appena 1733 euro nel 2019, cioè 150 euro al mese! Per fare un paragone, questi contribuenti non coprono nemmeno la questa pro capite delle spese sanitarie.

Ora la Lega di Salvini si batte per estendere questo privilegio fiscale ai contribuenti autonomi fino a 100.000 euro di fatturato. Questo farà uscire dal sistema dell’IRPEF atri 100-150 mila contribuenti con un risparmio per loro in termini fiscali ancora maggiore. La perdita di gettito sarà enorme, circa 2 miliardi di euro, tenendo conto anche della esiguità degli interessati. La recente riforma dell’IRPEF ha ridotto, di poco, il prelievo fiscale su milioni di contribuenti. Qui lo scandalo è la riduzione notevolissima su qualche decina di migliaio di contribuenti. Cosa da far rabbrividire il vituperato clientelismo degli anni Settanta.

Lo scandalo ancora maggiore è la disinformazione totale. Ancora recentemente Bitonci affermava che la tassa proporzionale, dove è stata applicata, ha funzionato. Forse per una certa fetta dei suoi per i suoi clienti, visto che fa il commercialista. Ma questo è totalmente falso e frutto di una retorica settaria e populista. L’aliquota proporzionale, là dove applicata, non ha portato mai ad un incremento di gettito, caso mai è successo il contrario. Rimaniamo al caso italiano. L’aliquota proporzionale sugli affitti avrebbe dovuto portare ad una riduzione dell’evasione fiscale che invece è rimasta altissima. Ma c’è di più. Se passa il progetto leghista avremo quasi due milioni di persone che godono del regime forfettario agevolato. Questi contribuenti non potranno più detrarre dal reddito le spese tradizionali come quelle sanitarie, scolastiche, assistenziali, ecc.. È facile immaginare allora che queste spese non saranno più certificate e che aumenterà l’economia sommersa, che già vale più del 10% del PIL. In altre parole, la flat tax degli autonomi vanificherà tutti gli sforzi del governo per un fisco equo e sostenibile.

L’estensione del privilegio fiscale ai contribuenti con partita IVA segna una pericolosa deriva fiscale che è necessario contrastare. Su questo anche la sinistra istituzionale è molto incerta. Ma non è inseguendo le sirene fiscali leghiste che si potranno ottenere un maggior consenso elettorale. Questo clientelismo fiscale di parte è il verso veleno che rischia di mettere in discussione anche le conquiste dello stato sociale. Possiamo immaginare che fra un po’ il centro-destra ci dirà che i soldi pubblici sono finiti e che bisognerà privatizzare molti servizi. Questo pare sia il progetto più profondo del centro-destra (da sempre peraltro): ridurre le entrate (e i servi pubblici) per poi affidare tutto al capitale privato. Se poi si vuole aiutare il lavoratore autonomo nella fase iniziale ed incerta della carriera, basta rispettare i criteri precedenti (30.000 euro di fatturato) senza operare gli stravolgimenti degli ultimi anni. Non c’era alcun bisogno di creare dei paradisi fiscali nostrani, o meglio padani.

Riusciranno i guastatori leghisti nel loro progetto di eliminare quei pochi elementi di equità ed efficienza del nostro sistema tributario? Molto dipenderò dall’azione di Draghi, che però appare molto debole. Quando era Direttore della Banca d’Italia, Draghi si scagliava contro i condoni fiscali, ma da Presidente del Consiglio li ha fatti. Non è riuscito a mettere una pezza sulla questione, e sugli abusi, del bonus edilizio del 110% che sta facendo impazzire il mercato immobiliare. Poi è del tutto contrario, per ragioni di equità, alla flat tax e allora vedremo se avrà la stoffa dello statista, cioè di chi persegue l’interesse generale, oppure se anche un super tecnico, come viene qualificato, quando si trova a fare delle concrete va alla ricerca del consenso che gli consente solo di tirare a campare senza infamia e senza lode.

 

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