Il mito padronale della flessibilità
Troppi vincoli alla flessibilità si ripercuotono sul mercato, lo sostiene Confindustria dalle pagine del suo giornale, Il Sole 24 Ore. Una vecchia ricetta di stampo neoliberista giudica ogni ostacolo al mercato una minaccia alla economia, tradotto in altri termini potremmo dire che senza libero arbitrio i padroni non sono contenti.
La flessibilità del lavoro non è servita a riposizionare l'Italia tra le nazioni con una crescita di pil elevata, è avvenuto invece l'esatto contrario :tanto più il lavoro diventava precario e flessibile, minori erano gli investimenti in ricerca e formazione. E dopo anni di cura neoliberista, tra privatizzazioni e delocalizzazioni, l'economia italiana continua ad arrancare.
Diverse ricerche, anche di centri e studiosi prestigiosi hanno dimostrato l'esatto contrario del verbo neoliberista ossia che la crescita della flessibilità e delle disuguaglianze non stimolano la domanda e la ripresa economica, alla lunga producono invece effetti contrari alle aspettative.
Per quale ragione allora si insiste tanto sulla flessibilità?
Le risposte sono molteplici ed esiste anche una questione ideologica, a lungo imputata al sindacato, che vede i padroni vittime di un pregiudizio sulla classe lavoratrice.
Innanzitutto è bene ricordare come la flessibilità abbia abbassato il costo del lavoro riducendo tutele collettive ed individuali, ora si mira direttamente a stravolgere quanto resta del contratto nazionale per mantenerlo dentro un contesto angusto che rinvia, a colpi di deroghe, alla contrattazione di secondo livello.
Questo passaggio, caldeggiato anche da qualche sindacato rappresentativo, si tradurrà in una maggiore flessibilità, ossia minore forza, del contratto nazionale per rimandare alla contrattazione aziendale le trattative sulla parte economica, sugli orari, sulla gestione del personale.
La pillola sarà addolcita con il ricorso al welfare aziendale sostenuto dai sindacati rappresentativi per i quali pensioni e sanità integrative rappresentano una conquista e non il frutto malato di uno scambio diseguale tra salario e servizi che poi si ripercuote negativamente sullo stesso welfare universale oggetto di forte contrazione.
Pensare che le imprese possano applicare il contratto da loro desiderato è un'altra aberrazione che permette di ricorrere ai contratti più favorevoli (per le aziende) che solitamente hanno orari settimanali lunghi, decurtazioni in caso di assenza, minori tutele collettive su materie rilevanti come le malattie.
La proliferazione dei contratti nazionali , quasi 1000 sono quelli depositati al Cnel, non è solo risultato dei contratti pirata siglati da associazioni sindacali di comodo ma una tendenza costruita a tavolino dai sindacati rappresentativi e dalle associazioni datoriali.
Ogni qual volta il legislatore ha provato, nei momenti di forza del movimento operaio, a porre dei limiti alla flessibilità, sono intervenuti accordi con i sindacati che alla fine hanno ridimensionato il carattere progressivo di certi provvedimenti, esempio calzante, e recente, è quello del decreto dignità con le clausole imposte ai contratti a tempo determinato limitandone i rinnovi.
Il contratto di somministrazione a tempo indeterminato rappresenta un altro tassello della precarietà, sarebbe logico che questa tipologia contrattuale avesse una durata limitata e dopo un certo tempo trasformare il contratto a tempo indeterminato applicando un ccnl.
Infine le norme sui licenziamenti, tra legge Fornero e Jobs act, con la riscrittura dell'art 18 dello Statuto dei lavoratori sono state abbattute tutele importanti senza le quali si favorisce oggettivamente il licenziamento , barattabile ormai con poche mensilità.
E le autentiche controriforme del mercato del lavoro non hanno solo ridotto il potere contrattuale accrescendo ricattabilità e flessibilità della forza lavoro ma si sono riversate sul potere di acquisto in caduta libera tanto nel privato quanto nel pubblico impiego. I salari italiani sono cresciuti meno di ogni altro paese Ue, il sistema di calcolo degli aumenti, il codice Ipca, resta sfavorevole e incapace di recuperare il potere di acquisto perduto.
La narrazione tossica secondo la quale la flessibilità avrebbe favorito l'occupazione si è dimostrata del tutto errata come la stessa idea che rafforzando il secondo livello di contrattazione sarebbero aumentati i salari. (Quanto guadagnano in media i cittadini europei - Openpolis)
Le narrazioni padronali, e talvolta sindacali, sono state costruite ad hoc per il contenimento del costo del lavoro, per ridurre potere di acquisto e di contrattazione, per queste ragioni occorre non solo confutare i luoghi comuni della flessibilità ma ricacciare indietro ogni ulteriore concessione alle associazioni datoriali
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