Guerra in Ucraina: quali conseguenze economiche
Guerra in Ucraina: quali conseguenze economiche
di Matteo Bortolon
Ritorno della guerra in Europa. In verità era già presente, tanto in alcuni conflitti minori nell'est Europa che nella guerra contro la Serbia (1999) e fra Russia e Georgia (2008), ma si profila la possibilità di un conflitto fra potenze nucleari, visto lo stato di agitazione “interventista” che va agitando gli Stati europei verso i russi.
La Ue in barba al preteso pacifismo che segnerebbe le sue origini ha sviluppato un suo proprio sistema militar-industriale: due linee di finanziamento – il Programma europeo di sviluppo industriale per la difesa (EDIDP) e la Azione preparatoria per la ricerca sulla difesa (PADR) - i quali hanno riversato circa 575 mln € ad aziende belliche di Francia, Germania, Italia, Spagna per lo sviluppi di armi; con i fondi recentemente istitutiti - il Fondo europeo per la Difesa (EDF) per 8 mld e l' European Peace Facility (EPF) per 5 mld – i finanziamenti sono assai aumentati; l'ultimo è quello cui si attinge per l'invio di armi in Ucraina.
La cornice delle conseguenze economiche della guerra attuale è una serie di crisi che si susseguono l'una all'altra senza che se ne esca interamente: al decennio successivo alla Grande Recessione del 2007/08 (in Europa Crisi dei debiti sovrani) con scarsa crescita e una incipiente nuova recessione in vista nel 2019 si aggiungono le conseguenze del covid-19 e adesso la guerra.
Le conseguenze generali colpiscono un gran numero di paesi. In particolare si debbono citare la crescita dell'inflazione (aumento generalizzato dei prezzi) e l'aumento dei prezzi dell'energia (il ministro francese Le Maire fa il paragone con la crisi del 1973) che sospingono tale trend inflazionistico. L'aumento dei prezzi delle bollette di gas ed elettricità colpisce direttamente i ceti lavoratori ed il tessuto produttivo.
La crescita di gas, elettricità e carburante è dovuta a diversi fattori che nel 2021 hanno costruito la “tempesta perfetta”: ripresa dalla recessione del 2020, poca energia eolica in nord Europa ecc. Ma lo squilibrio domanda-offerta attraversa un mercato profondamente finanziarizzato – e l'oligarchia Ue ha pure approfondito tale assetto scegliendo forme contrattuali che acutizzano la volatilità dei prezzi. In specie il gas, divenuto sempre più vitale per la produzione di energia, il cui snodo di negoziazione è il mercato TTF in Olanda, assai popolato di fondi speculativi. Senza metter mano alla articolazione finanziarizzata e mercatista di tale assetto le autorità governative non potranno che cercare di galleggiare a suon di palliativi col rischio che le condizioni di instabilità si riproducano assai presto.
Le sanzioni occidentali stanno peggiorando la situazione. Le principali sono il congelamento delle riserve di valuta russe collocate in paesi occidentali e la esclusione del sistema di comunicazione per gli scambi SWIFT. L'economia russa è incentrata sull'export di materie prime – gas, petrolio, ma diversi altri materiali che saranno centrali nella transizione energetica – e deve importare molti manufatti. La possibilità di una scarsità delle commodities energetiche spinge verso i processi di speculazione più selvaggi. Dall'altra parte la Russia va divenendo il perno di una riarticolazione degli spazi globali molto più frammentati: tanto la valuta globale (dollaro ed euro ad esso subordinato) quanto il sistema di pagamento universale, dimostrandosi suborndinati alle coordinate politiche del blocco euroccidentale stimolano versi Stati (Cina, Pakistan, India) ad elaborare sistemi propri fuori da tale egemonia. Inizia quindi un ridisegno globale di zone geoeconomiche più chiuse ed in concorrenza reciproca.
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