Il diritto davanti al lavoro e alla guerra

 Il diritto internazionale sta cambiando, siamo abituati a letture e interpretazioni atte a piegare il diritto alle necessità economiche e militari e di conseguenza , nel silenzio dei più, stanno gettando le basi giuridiche per supportare le strategie belliche della Bussola europea.

Non solo hanno adottato strumenti finanziari fuori bilancio a sostegno della produzione di armi e per accrescere la spesa militare Ue, ora si mira a riscrivere parte del diritto comunitario e nazionale  adeguandolo alla nuova fase storica.

A pensarci bene non avviene solo con la guerra ma anche in ambito lavorativo, ricordiamoci quando inserirono nel Pacchetto sicurezza pene pesanti per alcuni reati come blocco stradale, picchettaggio, occupazione di immobili sfitti, reati commessi dai movimenti sindacali,  dell'abitare e contro la devastazione dei territori. Il diritto si piega alla ragion politica, se si deve reprimere reati e movimenti conflittuali è bene confezionare un pacchetto di norme a tale scopo e alla occorrenza attingere direttamente dalla vasta legislazione emergenziale che nel Bel paese è ormai divenuta norma quotidiana

Non siamo esperti di diritto ma proviamo con i nostri esigui strumenti a leggere la realtà in divenire per non trovarci un domani ad abbaiare alla luna.

Il fatto che le norme del pacchetto Sicurezza siano ancora vigenti e l'attenzione si sia rivolta solo a una piccola parte delle problematiche legate ai migranti dovrebbe indurre a serie riflessioni anche per confutare quel luogo comune secondo il quale le leggi liberticide sarebbero solo quelle del centro destra, anzi se guardiamo al lavoro le controriforme che hanno devastato i diritti sociali provengono dalla parte opposta.

Torniamo al diritto e alla guerra con due sole annotazioni. Per inviare nuovi e ingenti quantitativi di armi all'Ucraiana, per rivedere l'impianto giuridico della Ue saranno necessari alcuni passaggi come le solite annotazioni sul diritto umanitario, il trattato sul commercio delle armi

L'invio delle armi non è considerato un atto di forza secondo il diritto, che siano armi a titolo gratuito od oneroso poco importa, l'invio è funzionale al diritto alla difesa del governo Ucraino, la stessa Costituzione Italiana prevede il ripudio della guerra ma non per questo l'Italia è stata fuori dai conflitti armati degli ultimi 30 anni.

Se si costruisce la narrazione secondo la quale la Russia violerebbe i diritti umani a quel punto l'invio delle armi diventerebbe quasi un fatto obbligato, quindi riflettiamo anche sul ruolo della disinformazione strategica, sulle paginate dei giornali, sulla informazione h24 che dalla pandemia si è spostata alla guerra. 

Questa considerazione non significa parteggiare per la Russia ma solo prendere atto di come l'evolversi di un conflitto possa anche passare da notizie costruite ad arte per giustificare, a punta di diritto, interventi militari che poi saranno chiamati umanitari.

Se ogni giorno si inondano le case degli italiani di notizie che descrivono un sindacato che opera con illegalità e blocca i cancelli delle aziende per non far entrare i crumiri, si gettano le basi di un intervento legislativo che giustifichi norme severe contro questi reati, lo stesso ragionamento è applicabile alla guerra.

Chiudiamo con la vendita e le esportazioni di armi,  è vietato farlo se lo stato che autorizza il commercio è a conoscenza di un utilizzo futuro che violerebbe le Convenzioni di Ginevra.   Quindi meno notizie arrivano sull'operato degli eserciti maggiori saranno le possibilità di inviare grandi quantitativi di armi senza violare Convenzioni internazionali. E da qui partono narrazioni tossiche e notizie parziali, eppure dal Donbass sono anni che arrivano notizie sull'operato dell'esercito ucraino, notizie che dovrebbero turbare i tranquilli sonni delle ragioni umanitarie e riflettere a lungo sulle scelte da compiere.

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