il nostro 25 Aprile è diverso

 Da decenni ormai il 25 Aprile si divide tra qualche pranzo rituale e le manifestazioni ufficiali, in poche città eventi alternativi tra cortei e presidi o momenti di contestazione rivolti a politici non proprio coerenti con i dettami antifascisti e della Costituzione.

Panorama a dir poco desolante, soprattutto i pranzi rituali nei circoli Arci (non ce ne vogliano i circoli e gli organizzatori ai quali va riconosciuto il merito di dedicare tempo libero a eventi collettivi), biciclettate o camminate (meteo permettendo) ma quest'anno abbiamo perso una grande occasione, quella di costruire dei momenti di discussione attorno alle due guerre, quella che si combatte in Ucraina e il conflitto condotto contro i lavoratori, le lavoratrici e le classi sociali meno abbienti in nome dell'economia di guerra.

E, volenti o no, anche gli eventi rituali hanno allontanato questa opportunità come se il 25 Aprile fosse solo una data di memoria da non attualizzare nel presente, anzi è proprio l'attualizzazione che fa paura a sinistra.

La presa di posizione dell' Anpi è stata coraggiosa pur anche con quale scivolone (non c'è bisogno di condannare, come fa Pagliarulo, la censura stalinista basterebbe guardare al silenzio dei media occidentali verso l'estradizione di Assange per coniare un nuovo termine , più moderno e appropriato: la dittatura mediatica mainstream), contro l'Anpi è in corso una campagna denigratoria (si veda a tal riguardo l'articolo di Davide Conti di qualche giorno fa su Il Manifesto) ma anche l'Anpi ha le sue responsabilità prima tra tutte avere fatto da stampella per decenni a quel centro sinistra che la Costituzione ha stravolto con il pareggio di Bilancio.

La verità taciuta è scomoda, a sinistra è partito il revisionismo storico, dallo sdoganamento dei Ragazzi di Salò a una vasta pubblicistica di memorie spesso oggetto di parziali ricostruzioni.

Non si capisce cosa sia accaduto dopo il 1945 se non si guarda all'amnistia Togliatti, all'uso fatto di questa sorta di libera tutti che ha permesso ad esponenti di primo piano del Fascismo di riciclarsi nella Italia repubblicana. Ricordiamo quando Sandro Pertini interrogava in Parlamento De Gasperi sui tanti processi a carico dei partigiani, sulle sentenze che assolvevano i torturatori fascisti riammettendoli nei loro incarichi, potremmo menzionare Carlo Levi con il suo romanzo l'Orologio che descriveva lo sconcerto degli antifascisti e dei partigiani che si ritrovavano, nell'Italia repubblicana, i dirigenti ministeriali e delle forze dell'ordine dell'epoca fascista.

Quella amnistia venne approvata in nome della pacificazione ma fu anche gestita in modo assai contraddittorio e l'Italia ha perso l'occasione per fare i conti con il suo passato fascista, ha lasciato al suo posto il Codice Rocco poi rafforzato dalle legislazioni d'emergenza e oggi ci ritroviamo un utilizzo improprio dello stato di Emergenza, dalla pandemia alla guerra.

Ha ragioni da vendere Mimmo Franzinelli (da cui dissentiamo sulla analisi della guerra in Ucraina) quando scrive (Il fascismo è finito il 25 Aprile 1945 editore Laterza 2022) quando parla di sedimenti fascisti ereditati dalla Italia repubblicana  o quando critica i giudici formatisi sotto il fascismo e alla dipendenze dello stesso chiamati a giudicare sui fatti commessi nei 20 anni del Regime. Dovremmo leggere molte delle sentenze di assoluzione dei fascisti e confrontarle con il carcere che continuò ad ospitare molti antifascisti dopo il 1945 per reati commessi nello svolgimento delle loro attività di oppositori a Mussolini.

Analogo discorso andrebbe fatto per il Colonialismo italiano, gli Italiani brava gente  assolti e mai portati sui banchi del Tribunale nonostante esistessero documenti inappuntabili a testimoniare gli eccidi nei paesi occupati.

Non si fa i conti con la storia attraverso le omissioni e le eredità fasciste nell'Italia repubblicana sono innumerevoli, quella Amnistia è stata funzionale ad una rimozione di massa del fascismo e alla riabilitazione dei quadri amministrativi che la Italia repubblicana eredità dal ventennio mentre al contempo cacciava dalle forze dell'ordine gli antifascisti.

Se oggi in Italia, a sinistra, si mette in discussione l'art 11 della Costituzione, dovremmo chiederci perchè da decenni l'Italia partecipa alle guerre Usa e Nato e per farlo occorre guardare alla storia recente e agli scenari futuri della Bussola europea.

Per altri il 25 Aprile avviene con la celebrazione del ruolo della Nato  o del fin troppo taciuto metodo Giakarta nel nome del quale sono stati uccisi milioni di persone nei paesi che si ribellavano agli Usa e alla loro pretesa di controllare il Globo.

Il nostro 25 Aprile è quindi diverso perchè vuole guardare al rimosso, alle pagine della storia occultate, alla continuità tra fascismo e Italia repubblicana, alla riabilitazione di tanti nazi fascisti avvenuta in funzione anti comunista.

E senza questa premessa non si capisce perchè oggi qualcuno celebra la Nato e ritiene l'Alleanza Atlantica paladina della pace.

Allo stesso tempo urge fare i conti con la guerra, alla economia di guerra con l'attacco spietato alle classi subalterne, ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici da decenni sotto attacco come dimostra la debacle dei diritti sociali, la perdita del potere di acquisto e di contrattazione.

E qui entra in gioco un altro antifascismo, quello che individuava nel fascismo non solo una espressione del totalitarismo ma lo strumento con cui sono stati attaccate le istanze delle classi subalterne.

E l'antifascismo di classe la vittima sacrificale della rimozione dei fatti storici e della esaltazione della Nato oggi.

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