Antifascismo e nonviolenza
Antifascismo e nonviolenza: un binomio da riprendere in un mondo segnato dalla guerra e in Occidente dal riaffacciarsi del nazifascismo in varie forme. Le riflessioni di Laura Tussi
di Sante Cavalleri
Anche in Italia, rigurgiti di fascismo riaffiorano dunque – denuncia Laura – con sempre maggiore spudoratezza. Si moltiplicano episodi di apologia del regime, gesti e simboli che evocano il Ventennio, attacchi alla Costituzione nata dalla Resistenza. Talvolta, a preoccupare non sono solo frange marginali, ma toni e scelte che sfiorano il revisionismo, se non la legittimazione del passato fascista, anche da parte di esponenti istituzionali.
In questo clima, il dovere della memoria e dell’antifascismo torna ad essere un’urgenza democratica. La Resistenza non è solo un’eredità storica: è una responsabilità collettiva che chiede di essere attualizzata ogni giorno, contro ogni forma di odio, violenza e discriminazione. Come ammoniva Primo Levi: “È avvenuto, quindi può accadere di nuovo”. Sta a noi impedirlo.
Nei suoi interventi, Laura Tussi si sforza di rintracciare i tanti fili che ancora oggi collegano strettamente la Resistenza storica con gli ideali contemporanei di pace, libertà, economia alternativa, giustizia sociale e difesa dell’ambiente. È un tentativo coerente e appassionato di dare voce a un dialogo necessario tra la pratica storica del pacifismo nonviolento e quella dell’antifascismo “vivente”, come lo definiscono gli autori.
“La Resistenza è stata anche lotta, scontro e uso della forza. Un mondo nonviolento era l’obiettivo, ma l’uso della forza per sconfiggere il nazifascismo fu necessario. E con questo è necessario confrontarsi”, afferma Vittorio Agnoletto, che firma un testo all’interno del volume edito da Feltrinelli. Ma il libro vuole indicare una “seconda via”: la possibilità di una resistenza radicale e non armata, capace di misurarsi con le grandi minacce del nostro tempo. È la via suggerita dal partigiano francese Stéphane Hessel nel suo celebre *Indignatevi!*: “La nonviolenza è il cammino che dobbiamo imparare a percorrere”.
Il volume raccoglie riflessioni maturate all’interno di movimenti sociali, ambientalisti e antimilitaristi, e tenta di tradurre in azione l’attualità della Resistenza storica, anche nei suoi contenuti sociali ed economici, troppo spesso dimenticati. Gli autori parlano da “nonviolenti alter-globalisti, ma anche glocalisti”, impegnati ad agire sia sul piano globale che su quello locale, “con le radici ben affondate nelle dimensioni territoriali”. Solo in questo modo, affermano, si possono costruire percorsi davvero partecipati e condivisi.
La nuova Resistenza, secondo Laura Tussi, si realizza oggi con “l’opposizione consapevole e organizzata, basata sulla forza dell’unione popolare, contro le minacce che attentano alla vita dell’unica famiglia umana”. Minacce come la guerra nucleare – sbocco inevitabile dei conflitti fra Stati nazionali armati –, la catastrofe ambientale legata al riscaldamento globale, o le disuguaglianze prodotte da un sistema finanziario ed economico che “scava un baratro tra lavoratori e gente comune e l’oligarchia parassitaria dell’1%”.
“Prima l’Umanità, prima le persone”: è la bussola valoriale proposta, in netta antitesi con lo slogan “prima gli italiani”, “prima i francesi”, “prima gli americani”. Una visione universalista e nonviolenta che si affida all’“indignazione dei miti e dei ragionevoli” come forza capace di garantire un futuro basato sui diritti dei popoli, sui beni comuni e sul diritto internazionale.
La linea di pensiero seguita da Laura Tussi si richiama a una tradizione culturale e politica ben radicata nella storia italiana: quella di Aldo Capitini, fondatore con Guido Calogero del liberalsocialismo, ispirato a Gandhi. Capitini, perseguitato dal regime fascista e incarcerato nel 1942 e 1943, nel suo scritto del 1955 *La Resistenza italiana* osservava che “la Resistenza non è solo armata, ma anche morale, culturale, politica”. Nel 1967 aggiungeva: “L’opposizione etico-culturale al fascismo è la lunga premessa morale e politica di quella che poi è stata detta Resistenza, e che ne è l’esecuzione, per così dire, armata”.
“I miei amici sanno – scriveva ancora Capitini – che il mio sogno era che in Italia sorgesse una non collaborazione generale, coraggiosa, tenace, secondo il metodo di Gandhi, negando ogni appoggio al fascismo senza torcere un capello a nessuno. In poche settimane il regime avrebbe smesso di funzionare”. Un sogno non realizzato, forse, ma non per questo da archiviare.
In tanti, in Italia, hanno raccolto il suo insegnamento: padre Ernesto Balducci, don Lorenzo Milani, Danilo Dolci, Riccardo Tenerini, Alex Langer, fino a Hessel. Una linea minoritaria, spesso osteggiata, ma oggi più che mai attuale.
“Il periodo che stiamo vivendo – conclude Agnoletto – è un crinale apocalittico della Storia. Ma non è scritto da nessuna parte che dobbiamo precipitare: possiamo ancora scegliere, se sapremo riscoprire la forza dell’umanità, della solidarietà, della nonviolenza”.
Sante Cavalleri
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