Vergogna che l’Italia esporti le armi e alimenti le guerre

 

"Vergogna che l’Italia esporti le armi e alimenti le guerre”. La testimonianza di don Luigi Ciotti e gli appelli di Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Vittorio Agnoletto e Fabrizio Cracolici 

di Laura Tussi



“E’ una vergogna. L’Italia occupa l’ottavo posto nell’esportazione di armi. Armi che vende anche a Paesi colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani in deroga a una legge che metteva i paletti: la legge 185 del 1990. Aspetto più indecente del problema allora la commistione tra le guerre e l’economia del profitto”.
Questa la denuncia di don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera nel video registrato a sostegno della campagna “Siamo tutti premi Nobel per la Pace con ICAN” per l’abolizione delle armi nucleari.

“Sono 47 ufficialmente – spiega Ciotti – i Paesi coinvolti in questi conflitti. Sono migliaia le armi nucleari operative. Sono milioni i profughi: si parla del 90/95% la percentuale di civili fra le vittime. Il doppio rispetto alla percentuale delle precedenti guerre mondiali. Sono circa 357 milioni i bambini – uno su sei – che vivono attualmente in zone colpite da conflitti, esattamente 75% in più rispetto a 25 anni fa”. “Allora – si chiede il sacerdote amtimafia – perché l’Occidente continua ad ignorare, quando non a favorire, guerre feroci che trasformano tanti Paesi in un mattatoio e in uno scenario niente affatto di Pace e poi in gran parte taciuto e ignorato e censurato data l’enormità degli interessi in gioco? Credo che si debba dire vergogna alla spesa militare mondiale. L’anno scorso ha toccato una cifra impressionante: 1.739 – dato ufficiale – miliardi di dollari. Guerre combattute con armi, ma anche con armi economiche: per questo l’abolizione delle guerre e delle armi deve passare per la costruzione di giustizia, di un nuovo rinnovamento culturale, ma deve tutto questo calarsi in un più ampio discorso di promozione dei diritti umani, sociali e civili e nell’impegno per la dignità e la libertà delle persone. Dobbiamo ripartire per costruire la pace, consapevoli di dover procedere uniti, perché solo insieme, il desiderio di cambiamento diventa forza di cambiamento”.

Don Luigi Ciotti, testimone eroico della dignità umana


https://www.youtube.com/watch?v=KVTbU9ZR1FA

Don Luigi Ciotti è una di quelle figure che incarnano, senza clamori né proclami, la forza silenziosa della coerenza, la radicalità del Vangelo vissuto, la potenza della parola che si fa azione. Prete di strada, voce degli ultimi, coscienza inquieta e inquietante della società italiana, da decenni è al fianco delle vittime dell’emarginazione, dell’abbandono, della criminalità organizzata. La sua vita è una testimonianza limpida e coraggiosa di cosa significhi difendere la dignità umana in ogni sua forma: quella calpestata dai poteri mafiosi, quella ignorata nei margini delle metropoli, quella negata a chi non ha voce.

Nato a Pieve di Cadore nel 1945, si trasferisce giovanissimo a Torino, dove negli anni ’70 fonda il Gruppo Abele, un’associazione che diventerà un punto di riferimento per il contrasto alla droga, per l’accoglienza delle persone in difficoltà, per la promozione di una cultura della solidarietà. Non è un semplice operatore sociale: è un sacerdote che vive il suo ministero in mezzo alla strada, accanto ai ragazzi tossicodipendenti, ai migranti, ai carcerati, alle vittime della tratta. Per lui, l’impegno sociale non è un’aggiunta alla fede, ma la sua piena espressione.

Nel 1995 dà vita a Libera, la rete di associazioni che lotta contro le mafie e per la giustizia sociale, promuovendo l’uso sociale dei beni confiscati e portando nelle scuole, nelle parrocchie, nei territori una cultura della legalità fondata sulla responsabilità e sulla memoria. “La mafia teme più la scuola che la galera”, ripete spesso, convinto che il vero antidoto al crimine organizzato sia l’educazione, la consapevolezza, l’impegno civile. Ma il suo modo di combattere le mafie non è quello dell’eroe solitario: è quello di chi costruisce reti, genera alleanze, custodisce il dolore delle vittime trasformandolo in forza collettiva.

Don Ciotti non ha mai fatto sconti a nessuno. Né alla politica, spesso complice o inerte di fronte alla corruzione e alla criminalità, né alla Chiesa, quando tace o si rifugia nella neutralità. Ha denunciato con coraggio l’ipocrisia, l’indifferenza, la connivenza. È stato minacciato, isolato, attaccato. Ma non ha mai smesso di camminare, di ascoltare, di parlare. La sua autorevolezza nasce proprio da questa fedeltà ai piccoli, da questa radicale semplicità. Non ha mai inseguito il potere né i riflettori, ma si è fatto luce per tanti che cercavano una via nella notte.

In un tempo in cui la parola “dignità” rischia di essere svuotata dal cinismo o strumentalizzata dal populismo, don Luigi Ciotti ne resta un testimone autentico. Non solo perché la difende nei tribunali o nelle piazze, ma perché la riconosce nel volto di ogni persona. Anche di quella più ferita, più caduta, più respinta. E lì, proprio lì, la rialza.

Il suo esempio ci interroga e ci sprona: non basta indignarsi, bisogna agire. Non basta pregare, bisogna compromettersi. Non basta commuoversi, bisogna schierarsi. Don Ciotti lo fa ogni giorno, senza mai stancarsi, senza mai arrendersi. Ed è per questo che la sua voce è oggi più necessaria che mai.

Con don Luigi Ciotti sono testimonial della Campagna “Siamo tutti Premi Nobel per la pace con ICAN” anche
Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Vittorio Agnoletto, Fabrizio Cracolici ed anche chi firma questo articolo.

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