Salari da fame produrranno pensioni da fame

 

 


In Italia nell'arco di 15 o 20 anni si andrà in pensione a quasi 70 anni, anzi pensiamo che siano scontati ulteriori interventi legislativi in materia previdenziale.

Oggi l’età pensionabile varia in base all’aspettativa di vita e pensate che ci sono ancora gli ultimi lavoratori precoci che vantano anni di contributi antecedenti alla maggiore età, da qui a qualche anno queste figure saranno quasi scomparse, entreremo nel mondo del lavoro tardi e ne usciremo circa 15 anni dopo i nostri padri

E in prospettiva futura tra sistema di calcolo contributivo e aumento del costo della vita posticipare di qualche anno l’uscita dalla produzione apparirà per altro una scelta obbligata per evitare l’assegno da fame, del resto le norme incentivano chi resta in servizio anche dopo il raggiungimento dei requisiti previdenziali. Restare al lavoro diventerà tuttavia una scelta obbligata per garantirsi una esistenza dignitosa.

L’aspettativa di vita è stata introdotta  con la Riforma Fornero nel 2011, ogni due anni l’Istat  certifica l’aumento dell’aspettativa di vita, salvo che nel periodo del covid in cui c’è stato un decremento , questa scelta alla fine ha favorito l'aumento dell'età pensionabile, gli anni di lavoro necessari per acquisire i contributi a fini pensionistici, consentito all'Inps di pagare meno assegni previdenziali

Ironia della sorte, anche quando l’aspettativa di vita non è cresciuta non siamo andati rivedere l’età pensionabile limitandosi solo a non aggiungere ulteriori mesi per l’uscita dal mondo del lavoro.

L’aumento dell’età pensionabile e lo svantaggioso calcolo dell’assegno con il sistema contributivo avrebbero meritato ben altra opposizione di parte sindacale, quanto accaduto in Italia stride con gli scioperi e le mobilitazioni avvenute in Francia e in altri paesi europei.

Il sindacato italiano si è invece cullati sugli allori della concertazione o sul rapporto stretto con la politica (ex sindacalisti eletti come deputati negli opposti schieramenti) o hanno pensato che la previdenza integrativa alla fine rappresentasse l’antidoto alla erosione del potere di acquisto.

Il  2027 sarà un anno determinante perché dovrebbe scattare l’ incremento di altri tre mesi arrivando a 67 anni e tre mesi per la pensione di vecchiaia e aumentando anche i contributi necessari per quella anticipata

E sempre nel 2027 l’aumento dell’età potrebbe creare qualche problema per gli esodati ossia per quanti avranno nel frattempo trovato un accordo con il datore di lavoro per la pensione anticipata, i requisiti certi se cambiano o chiedono semplicemente 3 mesi di lavoro in più potrebbero rappresentare un problema.

Dovrebbe averci insegnato qualcosa la storia degli esodati che anni fa rimasero senza stipendio e senza pensione

Sono tuttavia irrisolti gli annosi problemi ossia la tendenza a spostare sempre più in avanti la uscita dal lavoro, di prevedere trattamenti diseguali tra generazioni, di aumentare gli anni di contributi versati trovandosi alla fine con una forza lavoro sempre più vecchia. E aggiungeremmo l’erosione del potere di acquisto delle pensioni che colpisce soprattutto chi è uscito dalla produzione da 15 o 20 anni.

Se in pensione andremo a 70 anni saremo in condizioni di salute precarie che lo Stato pagherà ben pochi anni di pensione e alla fine anche su questo avranno fatto i loro calcoli. E aggiungiamo che ci saranno tra 10 anni le pensioni da fame perchè il sistema contributivo garantisce prestazioni più basse che in molti casi saranno inferiori anche alla soglia di povertà e qui entra in gioco la stretta relazione tra bassi salari, paghe orarie irrisorie e future pensioni da fame .

Insomma dopo una vita precaria , anni di bassi stipendi ci aspetta una pensione da fame.


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