Il dito e la luna

 Il dito e la luna 

di Rodrigo Rivas
 
Trump strepita perché la crisi sistemica - che non è un'opinione - minaccia il controllo statunitense sul mondo.
Il suo strepitio ricorda quello della gallina quando depone un uovo. Ma fa paura. Vuole far paura. 
Trump è un bullo. 
 
Gli europei, ossessionati dai dazi, sembrano non capire il gioco e, infatti, continuano a discutere di tariffe come se questa fosse la vera posta. 
Ogni TG apre coi dazi trumpiani. 
Ogni tanto compaiono le contromisure cinesi e, ultimamente, qualche opinionista si avventura su paventati scontri interni alla leadership cinese che, dicono, sarebbero  susseguenti alla presunta crisi economica di Pechino che non trova riscontro nei dati.
 
Almeno in apparenza, né in Italia né a Bruxelles ci si occupa del vero problema: la guerra sistemica in corso per il controllo delle filiere industriali e delle materie prime strategiche. 
 
I dazi sono l’ultimo passaggio della politica economica, la più semplice da regolamentare e da capire. 
La parte più strutturale e decisiva è un'altra: dove si estrae, chi raffina, dove si assembla, chi certifica, chi possiede i brevetti. 
 
Perché si parla di riarmo dalla mattina alla sera, prendo il caso del cobalto: si estrae per il 70% nel Congo, si raffina in Cina.
A bocce ferme ciò significa che nessuna azienda europea può produrre batterie al litio senza passare da Pechino. 
 
Perché si parla spesso di metalli e terre rare, faccio anche un cenno al gallio e al germanio, due elementi chimici rari con importanti applicazioni.
La Cina, leader mondiale nella produzione di 33 materiali critici, produce il 94% del gallio e l'83% del germanio.
Gallio e germanio non sono disponibili in natura ma derivano dal processo di raffinazione di altre materie prime in seguito a procedimenti di estrazione piuttosto costosi. 
Il gallio si ricava dai residui della fusione dello zinco o dalla bauxite. 
Il germanio è un sottoprodotto della produzione di zinco e della cenere volante di carbone. 
Annualmente, la produzione mondiale è di circa 430 tonnellate di gallio e di 140 tonnellate di germanio. 
Servono per produrre apparecchiature strategiche industriali, in particolare nel settore dei semiconduttori, sono già sottoposti a restrizioni cinesi all’export e
si trovano al centro della guerra commerciale tra la Cina e gli Stati Uniti. 
 
Il platino e di palladio sono invece cruciali per diverse industrie. 
Il settore automobilistico assorbe la maggior parte della domanda, soprattutto per i convertitori catalitici. La loro rarità e le loro proprietà uniche li rendono indispensabili in molte applicazioni moderne.
Si concentrano tra la Russia e il Sudafrica. 
 
Si potrebbero fare molti altri esempi ma l'importante è che, consci della vera posta in gioco, gli USA  e la Cina agiscono di conseguenza. 
 
Ad esempio, per quanto riguarda il cobalto e diverse terre rare gli USA hanno già chiuso un accordo col governo congolese. La loro offerta, "impossibile da  rifiutare", è una sorta di "protezione h24" contro le incursioni del Ruanda (finora propiziate dagli USA stessi, nonché dagli europei), in  
cambio dei diritti esclusivi sulle materie prime. 
Per evitare dicerie, il Congo riceverà una piccola percentuale sui profitti (in altre epoche si sarebbe chiamato "protettorato").
Quindi, a breve scadenza si può attendere un aumento della presenza e delle attività  militare statunitensi nella regione dei grandi laghi e, a medio termine, probabilmente i costruttori europei di batterie al litio potranno rivolgersi a Washington. 
Non basta garantirsi le fonti di approvvigionamento. Quindi, Trump ha messo in piedi un "Blocco produttivo selettivo" con Canada, Australia, Messico e Sud Corea, che include incentivi fiscali, riconversioni industriali e  trasferimenti di tecnologia. 
 
La Cina fa esattamente lo stesso con parte dell’Africa e con l’America Latina. 
 
L'Europa non batte colpo ed è ferma al “Meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere” (CBAM), uno strumento truffaldino  teoricamente adatto a prevenire il "carbon leakage", ossia la delocalizzazione delle emissioni di gas serra verso paesi con normative ambientali meno stringenti.  
 
L’Italia, che vive di manifattura ad alta intensità tecnologica e di filiere lunghe, è alla intemperie. Produce ma non possiede miniere, contratti sulle materie prime, raffinerie avanzate, non assembla, non certifica, non possiede brevetti e neppure una politica di ricerca significativa.
Detto altrimenti, importa tutto e ha scelto di continuare così, e non si  conosce alcun sforzo per varare una strategia di autonomia industriale.
Certo, non lo si può chiedere all'attuale personale di governo ma, quantomeno, Gianni e Pinotto dovrebbero sapere che, senza disporre di un accesso garantito ai metalli e componenti critici non c'è alcuna possibilità di realizzare alcuna transizione verde. 
 
Lo scopo di Trump non è farsi pagare salatamente gas, armi, difesa ... 
C'è pure questo, ma lo scopo è imporre la riscrittura delle priorità produttive. 
Chi non controlla e ha poco o nulla da dire sulle risorse e sui vari processi derivati, ne resterà fuori. 
 
Altro che dazi. 
Nella guerra mondiale in corso, per l'Europa la posta in gioco è la sopravvivenza industriale del continente.
 
Ammesso, ovvio, che ci si sopravviva. Ma questo è un problema diverso

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