Perchè contrastare l'economia di guerra?

 

Che cosa è l'economia di guerra? Una economia che va adeguandosi alle esigenze di un conflitto bellico e si indirizza verso l’aumento delle produzioni militari.  

Manifestazione del 4 novembre. “Stop a guerra, riarmo ed economia di ...

Storicamente una economia di guerra ha avuto bisogno di due supporti: la regolamentazione statale e la riorganizzazione della produzione con uno Stato forte, ma non necessariamente autoritario, che centralizza e indirizza le risorse economiche verso obiettivi militari e stabilisce un sistema di regole securitarie che mirano direttamente a criminalizzare il conflitto contro l’aumento delle spese militari.

La Finanziarizzazione della guerra alimenta i conflitti ma ancor prima innumerevoli processi speculativi in campo economico e finanziario, dopo gli affari della finanza arriverà la riconversione di produzioni civili in militari e magari anche con l’assenso del sindacato che nel passato ha avallato produzioni nocive a salvaguardia dell’occupazione, un po’ come potrebbe fare oggi accogliendo il Riarmo come soluzione alla crisi del settore meccanico e della tradizionale manifattura. 

Ma sarebbe urgente chiedersi quale sia il ruolo del sindacato in questo contesto storico? Lo spiega il sindacato Cub in un volantino

 

Il sindacato diventa complice del riarmo:

·       Non opponendosi alla guerra attraverso campagne, scioperi e mobilitazioni.

·       Scambiando aumenti contrattuali irrisori con istituti contrattuali divisivi.

·       Favorendo la speculazione finanziaria attorno a titoli di imprese belliche (e i fondi pensioni del nord Europa non lesinano acquisizione di azioni destinate a grandi utili).

·       Non opponendosi alle spese militari al 5% del Pil deciso nell’ultimo summit Nato. Per trovare questi soldi taglieranno il welfare, i fondi destinati al sociale.

·       Facendo credere che sottostare al riarmo e all’economia di guerra saranno salvati i posti di lavoro come quando accettavano produzioni nocive con lo spettro dei licenziamenti.

 

 

Si dimentica invece che:

·       Il settore della produzione di armi non è ad alta intensità di manodopera.

·       L’aumento esponenziale della produzione di sistemi di arma non ha generato l’occupazione auspicata anche dai sindacati.

·       Gli effetti della riconversione economica sono tutti da dimostrare, ad esempio qualcuno si è chiesto quali sarebbero gli effetti sul settore dell’auto se ripensato in chiave ecologica?

 

 

E ancora la Cub aggiunge

 

In un quadro generale di aumento di spese militari registriamo:

·       il diffondersi della “cultura di guerra” nelle scuole e nelle università attraverso protocolli e accordi di vario genere fino agli stages formativi all’interno delle aziende di armi e delle basi militari.

·       Appalti per infrastrutture belliche in deroga alle norme vigenti, le giuste denunce dei movimenti contro la guerra stridono con il loro colpevole silenzio verso tutti quei meccanismi antidemocratici che hanno sperimentato il principio della riservatezza e della segretezza attorno alla basi Usa e Nato

·        l’indottrinamento quotidiano delle alunne e degli alunni nelle scuole di ogni ordine e grado.

·       Il diretto coinvolgimento del personale scolastico -da parte del Governo, Forze Armate e fondazioni nella quotidiana costruzione della dottrina di guerra.

·       Il coinvolgimento di lavoratori lavoratrici nella logistica di guerra (portuali, ferrovieri, aeroportuali ecc.) pregiudicando anche il loro diritto allo sciopero.

 

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