Un continente vecchio e stantio che scambia il proprio rilancio con la sudditanza alla Nato
Un continente vecchio e
stantio che scambia il proprio rilancio con la sudditanza alla Nato
Non passa giorno in cui Confindustria non esorti il
Governo italiano a guardare con maggiore attenzione al continente nero
adoperandosi nel contesto Ue per dare concretezza agli intenti della famosa
Bussola europea in campo tecnologico, industriale, commerciale e soprattutto
militare.
L’Italia ha davanti a sé un’opportunità decisiva: trasformare le
sfide di oggi in un progetto strategico di lungo respiro, contribuendo alla
costruzione di un’Europa finalmente capace di pensarsi come potenza. Una
potenza civile, certo, ma anche geopolitica, tecnologica, industriale e
culturale. Una prima risposta è venuta con il Piano Mattei, che rappresenta un
segnale concreto verso l’Africa e un tentativo di ridefinire le relazioni
geopolitiche su nuove basi. Ma serve uno sforzo più profondo e sistemico:
un’Europa che sappia decidere, agire, difendere i propri confini e farsi
promotrice di stabilità. Le due crisi più gravi degli ultimi
anni – ai confini orientali e meridionali dell’Unione – ci
impongono un cambio di passo. Il futuro si giocherà sulla capacità dell’Europa
di dotarsi di una visione strategica unitaria, e dell’Italia di interpretare in
modo innovativo e coraggioso il proprio ruolo in questo disegno. Solo così sarà
possibile affrontare, con lucidità e ambizione, la complessità del mondo contemporaneo
e riaffermare la centralità dell’Occidente non come eco del passato, ma come
progetto del futuro
Gli Usa mirano a costringere
l’Unione europea a ridurre numerose norme deregolamentando il settore del
digitale. A spingere Trump contro la Ue sono le grandi multinazionali Usa del
settore che mal tollerano i limiti loro imposti nel vecchio continente e
qualche sanzione per avere agito in regime di monopolio. Ursula von der Leyen è
preoccupata non solo dalle decisioni di Trump sui dazi alla Ue ma anche dal
voto di sfiducia su richiesta dell’estrema destra. La incertezza politica
domina sovrana parallelamente a quella economica. A scanso di equivoci il
vecchio continente è già colpito dai dazi, come ricorda Ispi l’aumento medio dall’1,3% al 6,7%. Tra i paesi UE, l’Italia è uno dei più penalizzati,
con un dazio medio salito all’8%, contro l’11% della Germania e il 6,4% della
Francia.
Per intenderci un dazio al 10% significa
perdere almeno lo 0,1% oltre al deprezzamento
del dollaro sull’euro con le esportazioni europee meno competitive
Oltre a motivazioni ideologiche, la guerra commerciale di Washington ha
un secondo obiettivo: generare entrate per ridurre il deficit federale
USA. Tuttavia, anche con un aumento delle entrate da dazi da 80 a 290
miliardi di dollari l’anno, queste non basteranno a compensare
l’aumento del deficit causato dai nuovi piano di spesa (One Big
Beautiful Bill Act), che farà crescere il disavanzo da 1.800 a 2.100 miliardi
di dollari (7% del PIL). ….
Con il “Liberation Day”
proclamato ad aprile, il ciclone dazi scatenato da Donald Trump si è abbattuto
sul mondo. Così a maggio il dazio medio imposto dagli Stati Uniti è quasi
quadruplicato, dal 2,3% del pre-Trump al 8,8%. E se è vero
che gli effetti peggiori sono stati avvertiti da Pechino,
il cui dazio medio è cresciuto dall’11% al 48%, anche gli “alleati”
europei non sono stati risparmiati: una salita dall’1,3% al
6,7%.
E l’Italia? Sembrerebbe logico attendersi che il dazio medio
americano che grava sull’Italia sia uguale a quello di tutto il resto d’Europa,
dal momento che siamo in unione doganale e i dazi sono uguali per tutti. Ma i
dazi americani non sono identici in tutti i settori economici.
Infatti, mentre Trump ad aprile ha portato il dazio minimo verso l’UE al 20%,
per poi ridurlo al 10% (inaugurando un periodo di “tregua” che si dovrebbe concludere
il 9 luglio), su singoli prodotti possono esserci dazi più alti (per esempio i
dazi alle importazioni di alluminio e acciaio sono arrivati al 50%, e quegli
agli autoveicoli al 25%) o più bassi (come le esenzioni al settore farmaceutico).
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/trump-e-lue-dazio-o-non-dazio-213652
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